C’è chi fa affidamento sulla propria memoria, come Giorgia Meloni. C’è chi per non sbagliare, come Tajani, preferisce leggere. Il giuramento del nuovo governo non è stato esente da qualche piccola gaffe, sfuggita ai più, ma non agli occhi attenti dei social e delle telecamere. Meloni ha letto le parole di prammatica a memoria, senza guardare il testo. Antonio Tajani, da neo capo della diplomazia italiana, preferisce andare sul sicuro e legge, anche se rischia di sfuggirgli un avverbio, prontamente recuperato. Anche il titolare delle Infrastrutture, Matteo Salvini guarda il testo, almeno all’inizio, ma è al momento della firma che “sbanda”: lascia la penna dorata quirinalizia, che rotola per un po’ in direzione Mattarella, per inforcare gli occhiali e, recuperata la penna, posizionare la firma nello spazio dedicato. Quindi, stretta di mano con il Capo dello Stato, e, con entrambe le mani, con Giorgia Meloni. E poi ancora: Meloni indossa il braccialetto tricolore Abodi e recita a memoria la formula, Bernini attira l’attenzione perché Mancina. Per i ministeri con portafoglio usati i nomi vecchi: serve il decreto per il cambio di nome.

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