L’ultimo discorso da segretario davanti all’assemblea Pd. Enrico Letta si congeda e lascia il testimone ai 4 candidati alla segreteria che lo ascoltano nella platea dell’Antonianum a Roma. Un saluto tra amarezza e orgoglio. Con un appello a chi verrà dopo: «L’unità viene di prima tutto». E una postilla con un consiglio: «Il lascito principale è la forza di cambiare una cosa, complicata: il segretario del nuovo Pd non può passare l’intera giornata a mettere tutte le energie in una composizione degli equilibri interni». Amarezza e orgoglio. E anche “passione” per il Pd. «Io sono più determinato di quanto ho cominciato, esco più innamorato del Pd di quando ho cominciato, vi assicuro che non costruirò un partito alternativo al Pd. Non mi sono pentito di essere tornato da Parigi», scandisce Letta. Che rivendica di non aver lasciato il timone nel momento più difficile,quello dopo la sconfitta elettorale. Anche se rimanere segretario significava «restare a prendere solo colpi». «Questo -dice Letta- è stato un periodo duro per tutti noi e per in particolare tra i più duri della nostra storia. È giusto che chi ha guidato il partito al risultato elettorale sia rimasto a guidare questa fase, una fase in cui, dopo una sconfitta elettorale, si prendono solo colpi… Ed è quello che ho accettato di fare, lo farò fino in fondo proprio per consentire a voi 4, mi riferisco ai 4 candidati, di risolvere quello che siamo e rilanciare la nostra storia e riscriverne una nuova». Sui tempi del congresso, Letta osserva: «Anche io avrei voluto che il congresso fosse stato più rapido, ma alla fine meglio così. Perché c’è sempre un tempo faticoso dopo la sconfitta. Avessimo avuto un nuovo segretario a novembre, avrebbe avuto comunque il vento contro. Ora il colpo è stato assorbito e il 26 febbraio saremo pronti a ripartire». Quindi un passaggio ‘privatò, un accenno personale sugli ultimi mesi: «È stato giusto tenere duro e arrivare qui oggi» ma «amarezze e ingenerosità le tengo per me». Scherza Letta: «Non fonderò un nuovo partito…», alludendo a ex-segretari come Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi che hanno fondato nuovi partiti. «Siamo una comunità viva» e «abbiamo una grande responsabilità, far cambiare linea al governo su tante scelte sbagliata, e costruire l’alternativa. Dico ai candidati, parlatevi fra di voi, il futuro del partito dipende dalla vostra capacità di costruire linguaggi che vi consentano di essere diversi ma di capirvi nei momenti essenziali».

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