Sono convinti che a causare lo schianto dell’Eurofighter, precipitato al suolo a pochi chilometri dalla base militare di Birgi, vicino Marsala, il 13 dicembre scorso, sia stato un’avaria del velivolo. Una tesi, quella sostenuta dai familiari di Fabio Antonio Altruda, il pilota campano morto nell’incidente, che è stata messa nero su bianco in un esposto depositato il 31 dicembre. Sulla vicenda sono in corso due inchieste: una, per disastro aviatorio e omicidio, dei pm di Trapani, e una dell’Aeronautica militare. I genitori del giovane ufficiale, Fernando e Marilena sono assistiti dall’avvocato trapanese Fabio Sammartano. «Riteniamo che la causa dello schianto — dicono — sia da imputare ad una importante avaria del velivolo dovuta a omessa o cattiva manutenzione». L’Eurofighter aveva lasciato l’aeroporto militare di Birgi alle 9 del mattino in coppia con un altro aereo diretto a Istrana (Treviso) per una missione operativa finalizzata a scortare un aereo americano. Il velivolo, precisa l’esposto, era infatti «equipaggiato con armamenti». Improvvisamente a poca distanza dall’aeroporto di Birgi, il caccia precipitò al suolo. I resti di Altruda, 33 anni, una grande esperienza di volo, vennero ritrovati dopo qualche ora. Grandi aspettative per la ricostruzione dei fatti erano riposte nell’esame delle scatole nere che furono recuperate nei giorni successivi. I familiari della vittima chiedono ora, però, che le informazioni contenute nei dispositivi non siano elaborate dall’amministrazione militare. All’esame degli inquirenti ci sono anche le immagini di diverse telecamere di video-sorveglianza della zona del disastro. Alcune di case private, altre dello scalo di Birgi che ripresero chiaramente un bagliore improvviso e poi un puntino luminoso — certamente il caccia — che scendeva in picchiata. Nel video si vedeva poi un ulteriore lampo di luce: verosimilmente l’aereo che si schiantava al suolo e prendeva fuoco. Riprese che fecero pensare a una esplosione in volo. Ma che potrebbero essere state determinate anche da un effetto ottico causato dal faro segnalatore del velivolo. A un tratto, però l’aereo cambiava traiettoria e scendeva in picchiata. Un dettaglio che aveva fatto ipotizzare anche un guasto o un disorientamento improvviso del pilota uscito da un banco di nuvole che spiegherebbero perché l’ufficiale non sia riuscito a lanciarsi e non abbia segnalato problemi alla torre di controllo civile in fase di atterraggio. Altruda e il collega alla guida dell’altro caccia in missione, Andrea Maida, racconta l’esposto dei familiari della vittima, avevano pranzato e riposato all’aeroporto di Istrana, riprendendo il volo di ritorno alle 16.50 circa per rientrare allo scalo di Trapani, comunicando in costante contatto radio tra loro, fino al momento della sciagura. Sentito dai pm Maida ha raccontato che il collega aveva «regolarmente aperto i carrelli del velivolo in preparazione dell’atterraggio prima di precipitare». «L’esposto — scrivono i genitori del capitano Altruda — dovrà essere ben considerato anche in relazione al potenziale (ma non astratto) conflitto d’interesse tra le esigenze dell’Amministrazione militare e le esigenze investigative dell’ autorità giudiziaria». La famiglia dunque teme «un’indebita conservazione delle informazioni raccolte ad esclusivo interesse e vantaggio della politica di sicurezza militare della forza armata». E che a essere compromesso, dunque, possa essere l’accertamento della verità.

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