Alla fine la corda tra Giuseppe Conte ed Elly Schlein sembra essersi spezzata sul serio. Almeno per questo tratto di strada che corre all’impazzata verso le Europee. Con tanto di attacco del leader pentastellato che chiede alla segretaria Dem di restare fedele al suo impegno di far fuori dal partito democratico “cacicchi e capibastone”. Il M5S, infatti, dopo lo ‘strappo’ di Bari, quando Conte, in seguito alla nuova inchiesta sulla compravendita di voti, decide di rinunciare alle primarie con il Pd, anche in Piemonte sceglie la corsa in solitaria candidando Sarah Disabato. E lasciando la ‘prescelta’ dei Dem Gianna Pentenero al suo destino, dopo mesi di inutili incontri tra gli ‘sherpa’ di quello che, fino a qualche giorno fa, ancora qualcuno chiamava ‘campo largo’. Così, a meno di qualche altra sorpresa dell’ultim’ora, il presidente uscente del Piemonte Alberto Cirio dovrà vedersela con entrambe le candidate. E da queste “divisioni del centrosinistra”, osserva il deputato di FI Alessandro Cattaneo mal celando una certa soddisfazione, “il centrodestra non può che uscirne avvantaggiato”. Un ‘esito’ del quale è convinto anche il Dem Andrea Casu che parla di “questione morale double face di Conte”, visto che dopo aver motivato lo ‘strappo’ di Bari spiegando che “la questione della legalità è irrinunciabile per il M5S”, “non dice nulla sulla condanna a 8 anni e 8 mesi nei confronti del Presidente del Consiglio Comunale del M5S, Marcello De Vito” per lo stadio di Tor di Valle a Roma. “Come minimo – incalza il parlamentare democratico – ci aspettiamo che ora ritiri la tessera di Virginia Raggi che all’epoca era Sindaca in carica, altrimenti significa che per Conte la legalità non solo è negoziabile, ma è una questione da agitare ‘a là carte’ solo contro il PD”. Ma Conte, intervenendo alla trasmissione “Accordi e disaccordi” su ‘Nove’, ribatte punto per punto alle critiche dei Dem assicurando che lui sarebbe stato “il più grande partner” di Elly Schlein, se solo lei fosse rimasta fedele all’impegno che prese quando divenne segretaria di “combattere ‘cacicchi’ e ‘capibastone’ nel Pd”. Quindi, ribadisce il sostegno del M5S a Michele Laforgia, non capendo “perché non lo indichi come candidato a Bari anche il Pd”. Ammette che le primarie nel capoluogo pugliese le avrebbero comunque vinte i Dem “perché su questo sono molto più attrezzati di noi” e, dopo aver attaccato il governo che ha tentato di “politicizzare” la vicenda di Bari osservando che la “destra è meglio che non parli”, ribadisce che per il suo movimento quella della legalità è un qualcosa dalla quale non si può prescindere. Poi sferra l’affondo più duro: “Non è il M5S che aiuta la destra”, come sostenuto anche da Schlein nel suo comizio a Bari, “questo è un ragionamento malato e viziato. Forse sono gli scandali della politica, quando ci sono – incalza – che favoriscono la destra”. Una destra che nel frattempo ‘gongola’. In questo clima sempre più teso tra i due partiti di opposizione, il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni e il Dem Andrea Orlando ci avevano provato a proporre ai due candidati baresi, Michele Laforgia e Vito Leccese, di trovare “una terza soluzione” per uscire dall’impasse. Ma Laforgia, sostenuto da SI, M5s e Italia Viva che, secondo le carte dell’inchiesta giudiziaria, sarebbe stato anche a conoscenza della compravendita dei voti in qualità di avvocato consultato dal pentito Armando Defrancesco, ex braccio destro di Alessandro Cataldo, è stato piuttosto tranchant: “Un terzo nome temo che non esista”. Pur aggiungendo che si continuerà comunque “a lavorare per l’unità del centrosinistra sino all’ultimo anche se toni, modi e atteggiamenti esibiti dall’altra parte nelle ultime ore non sono esattamente quel che testimonia uno spirto unitario”. “Cosa sta succedendo? – taglia corto invece il candidato del Pd Vito Leccese – Che qualcuno sta usando la città di Bari per il proprio tornaconto elettorale”. A far venire poi una ‘crisi’ di nervi al Pd sono anche i Tg della Rai. “Non è informazione – osserva la capogruppo alla Camera Chiara Braga – quando si da voce solo a chi attacca il maggior partito di opposizione senza dare la parola a un suo esponente e non è tollerabile che ciò avvenga sul servizio pubblico”. Nelle ore dello scontro feroce tra Pd e M5S sul caso Bari arriva però un segnale di distensione da Avellino, unico capoluogo di provincia al voto a giugno in Campania, dove si ricostruisce l’alleanza del campo largo. C’è chi non si arrende, sia nel Pd ma anche in zona Cinque Stelle. E basano la convinzione sul fatto che l’alternativa al centrodestra non ha altre strade che quella della coalizione. Insomma, deve passare la nottata. Anche perché, almeno al momento, l’ipotesi di battere un centrodestra magari litigioso, ma che da decenni al voto marcia unito, pare per lo meno fantasiosa.

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