Come nel calcio anche in politica ci sono giocatori “normali” e fuoriclasse. Quelli che con un tocco cambiano l’esito delle partite. La differenza balza agli occhi: “Oh, questo è di un altro pianeta!”. Ecco, quando Bruno Tabacci scende in campo si ha subito la sensazione che il livello è altissimo. La banalità della classe dirigente dei giorni nostri è spazzata via da analisi profonde, disamine articolate, spunti interessanti. Niente fuffa. Tutta sostanza. Non è un caso. Il padre di Centro democratico ha frequentato l’università della politica. Quella della prima Repubblica, tanto vituperata per un populismo senza freni, oggi “rivalutata” non senza rimpianti. Quando è calato il sipario sui partiti storici si è aperta una voragine. Un deficit politico trasversale. Una decadenza sempre più decadente. Del resto al peggio non c’è mai fine. E via via il gap tra classe dirigente e cittadini è divenuto siderale. L’acme le urne vuote alle regionali in Lombardia e Lazio. Un dato, quello dell’affluenza ai minimi storici, da indagare. Niente. È passato in cavalleria dopo un accenno di preoccupazione di facciata. Come si è arrivati a toccare il fondo? Tabacci non ha dubbi: “Alle convenzioni del Pd per le primarie hanno votato 150mila iscritti, i partiti di un tempo avevano 8 milioni di iscritti, erano rappresentativi della società. Da posizioni diverse, anche opposte, il dibattito politico era legato a filo doppio alle istanze dei territori”. In effetti non c’era una città senza sezioni di partito. Che fungevano da corpo intermedio fondamentale per la democrazia partecipativa. Oggi ci sono “caminetti” e “cerchi magici”. La politica ha perso il contatto con la realtà, con la gente. E gli elettori hanno issato bandiera bianca. A ragione. Sull’esito delle ultime politiche l’onorevole Tabacci incolpa chi, nel centrosinistra, avrebbe dovuto fare di tutto per creare quel campo largo che è sulla bocca di tutti ma che allo stesso tempo non è stato perseguito fino in fondo. “Meloni – afferma il deputato – è stata brava, ma senza l’unità del centrosinistra non c’è stata partita”. Nulla quaestio. Se Pd, M5S e Terzo Polo avessero corso assieme la coalizione sarebbe stata competitiva, almeno sul piano numerico. “Le attuali forze di opposizione – dice Tabacci – non hanno saputo interpretare la legge elettorale. Meloni vince con il 43% dei voti e il centrodestra ottiene i due terzi dei seggi. Era prevedibile”. Nonostante fosse tutto previsto Letta, Conte, Calenda e Renzi non hanno trovato la quadra. Addio vittoria. Bye bye politica. Una novità è sicuramente rappresentata dalla scalata al Pd di Elly Schlein. L’accordo, almeno quello tra dem e pentastellati, ora è alla portata. Certo, se ne parlerà in concreto dopo le europee del 2024. Si vota col sistema proporzionale. Ognuno porterà l’acqua al proprio mulino. Ma è inconfutabile che con la Schlein cambia lo schema politico nazionale. E il governo Meloni? Tabacci, come sempre, va al cuore del problema: la politica estera. Con Draghi l’Italia aveva un ruolo centrale in Europa. Oggi è marginale. “Non poteva che essere così”, rimarca Tabacchi. Che aggiunge soffermandosi sul conflitto Russia-Ucraina: “Parliamoci chiaro, Berlusconi e Salvini sono amici di Putin. Questo indebolisce la Meloni e l’Italia. Come si fa a non comprendere che il sostegno alla resistenza ucraina è decisiva per rendere più sicura l’Europa?”. Forse non lo si capisce perché in campo ci sono politici “normali”. I fuoriclasse sono in panchina.

Mario De Michele

LA VIDEO INTERVISTA A BRUNO TABACCI



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