L’occasione è stata il meeting di Balena bianca, al quale sono stati chiamati tutti i partiti politici provinciali, i sindaci di tante città e di tutte le dimensioni della provincia di Caserta, parlamentari, avvocati e rappresentanti delle confessioni religiose, a recepire il grido di quattro autorevoli penalisti casertani sulla necessità di una nuova riforma della legge penale. Camillo Irace, Giuseppe Stellato, Romolo Vignola e Gabriele Amodio, hanno disquisito sul tema dell’equilibrio fra indagini, presunzione di innocenza e diritto di cronaca, esprimendo tutti qualche difficoltà nell’immaginare un’alterazione dell’attuale livello di compenetrazione reciproca dei tre aspetti che sintetizzano le azioni della magistratura inquirente, i diritti dell’indagato e la libertà di stampa. Ma tutti, all’unisono, hanno indicato la necessità di secretare in modo rigido gli atti di indagine che molto spesso vengono diffusi dai media prima ancora che siano portati a conoscenza, come per legge, dell’imputato a del suo difensore. Succedendosi poi negli interventi, hanno fornito ognuno la propria indicazione su come perfezionare l’equilibrio in questione, attraverso la tipizzazione delle condotte integranti alcune gravi ipotesi di reato, in onore al principio di tassatività della legge penale. Il tavolo di lavoro è stato aperto dall’avvocato Camillo Irace che, prima di entrare nel merito del tema proposto per l’approfondimento e al fine di offrire il beneaugurante saluto agli organizzatori, ha offerto un saggio della sua signorile eloquenza, quella dei cosiddetti “penalisti artisti”, cioè appartenenti alla scuola napoletana che ha contaminato l’avvocatura italiana sotto l’egida del rito inquisitorio. L’avvocato di Sessa Aurunca ha onorato l’idea aggregativa di Balena bianca con una disquisizione degna delle migliore arringhe, partendo dalla classificazione ittica della balena, passando per le sue qualità utilitaristiche e cosmetiche, citando papa Francesco e giungendo alle proprietà rigeneratrici della balena nella favola di pinocchio, dove il burattino, dopo essere entrato bugiardo nel ventre del cetaceo, ne esce un bambino modello. Insomma, per dirla alla De Marsico, Irace tecnicamente ha “portato la sua tesi, dall’ombra in cui è sepolta allo splendore dell’evidenza”. In merito alla questione specifica, l’avvocato Camillo Irace, ha auspicato un maggiore senso di responsabilità dei soggetti terzi che determinano le sorti dell’indagato. In particolar modo, secondo Irace, i giornalisti devono manipolare una notizia per renderla un fatto di divulgazione. La strategia della stampa non deve diventare strategia fine a se stessa, così come la strategia non deve dominare la notizia che si divulga. Irace ha condannato poi il processo mediatico, che in pochi giorni stravolge i tempi naturali del processo reale e le sue fasi, non solo per la simulazione virtuale che offre delle prove reali, ma anche perché sottrae alla veridicità dei fatti il trascorrere del tempo, che è necessario per sedimentare il processo stesso. Infine, ha puntato il dito sul danno criminale che può venir fuori dalla combinazione della notizia manipolata con la velocità di diffusione attraverso i social. L’avvocato Giuseppe Stellato ha puntato il dito contro la scarsa tipizzazione delle condotte che possono ricondurre a responsabilità penale l’agire degli amministratori pubblici, i quali non hanno l’idea ben chiara di quale sia la strada lecita per raggiungere determinati obiettivi. Il riferimento esplicito è stato il nuovo codice degli appalti che, invocato a voce alta per una semplificazione della normativa in materia, ha reso invece ancora più difficoltosa la vita degli amministratori nell’esercizio delle loro funzioni. Stellato, ancora, ha disquisito sull’associazione a delinquere e sul concorso esterno in associazione mafiosa, invocando anche per quest’ultimo una soluzione specificativa delle condotte delittuose. Infatti, per il concorso esterno, ipotesi delittuosa di esclusiva derivazione giurisprudenziale e di esclusiva applicazione campana e siciliana, non è possibile ipotizzare un’abrogazione proprio perché si tratta di una ipotesi non codificata. L’avvocato Romolo Vignola si è soffermato sulla graduale maturità che i cittadini stanno guadagnando nel distinguere i provvedimenti di garanzia e cautelari dai provvedimenti di condanna definitiva, auspicando, al fine di non esprimere giudizi affrettati sulla moralità degli amministratori, una loro piena consapevolezza circa la possibile innocenza dell’accusato. Ha disquisito poi sulla confusione fra Ordine giudiziario e Potere giudiziario nella loro accezione storica. L’avvocato Gabriele Amodio invece ha segnalato la necessità di specificare le condotte che integrano l’abuso di ufficio. E ciò perché, nei casi di processi a carico dei pubblici amministratori, molto spesso il giudizio sulla legittimità dell’agire amministrativo finisce per coinvolgere anche la valutazione dell’indirizzo politico che, invece, in quanto tale, deve rimanere estraneo alla valutazione giuridica.