«In questo film si è superato il limite: i riferimenti alla storia di mio figlio sono così espliciti, che non posso tacere. La narrazione, anche solo del trailer, è un’offesa nei confronti di Ciro». Così Antonella Leardi, mamma di Ciro Esposito, il giovane napoletano ucciso dall’ultrà romanista Daniele De Santis poco prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina- Napoli del maggio 2014, commenta l’opera prima di Francesco Lettieri, Ultras, il film disponibile su Netflix dallo scorso 20 marzo. «Ciro non è mai appartenuto a quel mondo che viene descritto nel film – spiega Leardi, che è presidente dell’associazione Ciro Vive – ma soprattutto non ci identifichiamo nei sentimenti e nei messaggi che vengono promossi: mio figlio è morto per un deliberato atto di violenza». «Da quando è morto tutta la mia famiglia si è prodigata per diffondere un messaggio di non violenza – ha ricordato Leardi – e al funerale abbiamo dato una testimonianza di fede. Altro che violenza e vendetta…». «Del calcio, dei tifosi e dello sport ho un altro tipo di idea, ho un’idea solare e positiva, di aggregazione, di valori, non i valori che si vogliono attribuire in questo film», rimarca l’avvocato Angelo Pisani, che fu accanto alla famiglia Leardi in quel tracico periodo, dal ferimento alla morte di Ciro, in ospedale, dopo qualche mese, e poi durante l’iter processuale che portò alla condanna definitiva a 16 anni di reclusione dell’ultrà romanista Daniele De Santis. «Parliamo di un mondo dove esistono sia valori positivi e persone eccellenti, – spiega Pisani – sia qualche mela marcia. Ma questo succede in tutte le categorie, anche tra avvocati, magistrati e giornalisti. L’idea delle curve come un mondo di violenza è un messaggio sbagliato, che ci sia qualcuno cattivo può anche succedere».