Non solo un nuovo trasferimento in Albania, ma il primo “a carico pieno”. Mentre infuriano nuove polemiche sui costi dell’operazione, gonfiate dall’accomodamento a cinque stelle per il personale di stanza a Shengjin, il governo di Giorgia Meloni tira dritto. Lunedì il meteo dovrebbe consentire l’avvio delle operazioni, già rinviate per due volte. E non certo per disimpegno politico o per il rinvio alla Corte di giustizia Ue del nuovo decreto sui Paesi sicuri. Una prima “preallerta” fissata per mercoledì è saltata per l’ondata di scirocco che ha alzato onde fino a quattro metri e di fatto azzerato gli arrivi. La seconda, prevista per i giorni successivi è stata fatta slittare per le condizioni non ottimali del mare. Gli arrivi a Lampedusa si contano sulle dita di una mano, in acque internazionali le navi civili hanno soccorso solo qualche barchino messo a dura prova dalle condizioni meteo, che se sulla costa sembrano favorevoli peggiorano in alto mare. Tempo da naufragi, lo chiamano i marinai. Dalla serata di sabato il Mediterraneo dovrebbe tornare ad essere clemente e dopo due settimane di tempesta è prevedibile che in tanti tentino la traversata, tanto dalla Libia, come dalla Tunisia. Per il Viminale, probabilmente le condizioni ottimali per “testare” la tenuta del nuovo decreto, anche a dispetto della procedura pendente di fronte alla Corte Ue, a cui il tribunale di Bologna ha chiesto di verificare la compatibilità del testo con le norme dell’Unione.
“Un volantino propagandistico” per la premier Giorgia Meloni, che sull’Albania vuole tirare dritto. E al tribunale di Roma, scrive il Domani, è arrivata una telefonata dal ministero della Giustizia per dire: “Preparatevi”. Traduzione, nessuna tregua in attesa delle determinazioni della Corte europea. Questa volta poi, all’esito della selezione sul ponte della Libra potrebbero non ritrovarsi solo in sedici, di cui quattro da riportare velocemente in Italia perché minori o vulnerabili. A chi sta in Albania è stato detto di prepararsi per gestire almeno 60-70 persone, auspicabilmente di più. Questo significa che le operazioni nelle acque internazionali davanti a Lampedusa potrebbero protrarsi più della prima volta, quando in un’unica nottata sono state selezionate (male, per giunta) sedici persone da spedire a Shengjin. Target numero uno, dicono indiscrezioni, i tunisini, alla luce degli accordi di rimpatrio già rodati, che potrebbero rendere semplice e rapido il ritorno indietro forzato anche solo dopo un frettoloso no alla richiesta asilo. I tempi delle operazioni però non possono prolungarsi all’infinito, pena il rischio di invalidare tutta la procedura. Ecco perché il Viminale ha bisogno di mare piatto e giorni di traversate. Dopo il primo fallimentare test, il governo vuole rilanciare. E andare alla prova di forza sulla pelle di molte più persone che hanno solo tentato di attraversare il mare in cerca di un futuro.