E’ di Renatino De Pedis il corpo tumulato nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare: lo dicono le impronte. Ma per analizzare altre ossa trovate nella cripta ci vorranno settimane. E il giallo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sembra non finire.
Trentadue anni dopo essere stato ucciso in una guerra tra malavitosi, la bara del boss della Banda della Magliana Enrico,’Renatino’, De Pedis è stata finalmente aperta. Di Emanuela Orlandi, la figlia di un dipendente del Vaticano scomparsa nel1983 all’età di 15 anni, nessuna traccia nel loculo. Ma glialtri resti ossei trovati saranno esaminati. Perché, come ha precisato il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, l’attività investigativa “é finalizzata alla ricerca deiresti di Emanuela Orlandi”. Un’iniziativa, quella di aprire la tomba, maturata al termine di un complesso iter giudiziario ed auspicata un po’ da tutti,in particolare dal momento in cui, nel corso del programma “Chi l’ha visto”, nel settembre 2005, una telefonata anonima suggerì di “vedere cosa c’é nella tomba”.
Perfino il Vaticano, per anni poco collaborativo con la magistratura italiana, aveva dato il via libera. Una vicenda che ha mobilitato magistrati, dirigenti della squadra mobile, gli avvocati della famiglia De Pedis, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e gli esperti della scientifica incaricati di procedere agli accertamenti finalizzati allaricerca dei resti della ragazza. Un primo punto, tuttavia, è stato raggiunto: la salma custodita in una stanza della cripta della basilica di Sant’Apollinare è di De Pedis. L’accertamento è stato eseguito sotto un tendone nel cortile dell’edificio che ospita la pontificia università Santa Croce, adiacente la basilica.
Gli esperti che hanno esaminato il cadavere, ben conservatograzie ai tre strati che compongono il sarcofago, hannoverificato, tramite gli esami dattiloscopici, che si trattaproprio del capo dell’organizzazione che terrorizzò la capitalenegli anni settanta e ottanta. Vestito blù, camicia biancaingiallita: questi gli abiti indossati da De Pedis. All’internodella bara non c’era altro. Inutile, a questo punto, il test del dna, preso in esame in un primo momento se le condizioni delcadavere non avessero consentito l’immediata identificazione. Poi i resti ossei vicino alla bara e gli altri trovati all’interno di cassette probabilmente risalgono anche a 200-300anni fa: la basilica infatti ospitava un cimitero prenapoleonico. Gli esami macroscopici daranno risultati precisi,anche se già ad occhio nudo è possibile stabilire quali sianole ossa più antiche. Un lavoro, comunque, lungo. Ci vorrà almeno una settimana prima che sia completato. I resti di De Pedis, per il momento, rimangono aSant’Apollinare. Quando l’iter si concluderà – ha dichiarato l’avvocato Lorenzo Radogna, legale di Carla Di Giovanni, vedova del boss – il cadavere sarà tumulato nella cappella di famiglia al Verano o cremato. “La signora Di Giovanni – ha aggiunto -non ha ancora deciso”. Il Vaticano ha valutato “estremamente positiva l’iniziativa della magistratura” di ispezionare la tomba “affinché vengano compiuti tutti i passi possibili per lo svolgimento e la conclusione delle indagini”. Il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha sottolineato che “per parte sua la magistratura può continuare a contare sulla piena collaborazione delle autorità ecclesiastiche”.