Se e’ vero che il settore Primario per definizione rappresenta la forza trainante del sistema economico nazionale, e’ anche vero che sono in corso evoluzioni consistenti: da una parte le aziende agricole diminuiscono del 32,2 per cento, dall’altra parte cresce del 44,4 per cento la loro dimensione media.

Il profilo che emerge dai dati provvisori del 6° Censimento generale dell’agricoltura e’ il risultato di un processo pluriennale di concentrazione dei terreni agricoli e degli allevamenti in un numero sensibilmente ridotto di aziende. Infatti, alla data del 24 ottobre 2010 in Italia risultano attive 1.630.420 aziende agricole e zootecniche di cui 209.996 con allevamento di bestiame destinato alla vendita: rispetto all’anno 2000 la riduzione del numero di aziende e’ del 32,2 per cento. Nel complesso, la Superficie Aziendale Totale (SAT) risulta pari a 17.277.023 ettari e la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) ammonta a 12.885.186 ettari. In dieci anni la SAT e’ diminuita dell’8 per cento e la SAU del 2,3 per centoGli animali allevati sono 5,7 milioni di bovini (-6,1 per cento rispetto al 2000) 9,6 milioni di suini( +11,6 per cento) 7,5 milioni di ovini e caprini (-3,2 per cento) e 195,4 milioni di avicoli(+14,1 per cento). La dimensione media aziendale e’ passata, in un decennio, da 5,5 ettari di SAU per azienda a 7,9 ettari (+44,4 per cento). Cio’ e’ conseguenza di una forte contrazione del numero di aziende agricole e zootecniche attive (-32,2 per cento), cui ha fatto riscontro una diminuzione della superficie coltivata assai piu’ contenuta (-2,3 per cento). L’effetto delle politiche comunitarie e dell’andamento dei mercati ha determinato l’uscita di piccole aziende dal settore, favorendo la concentrazione dell’attivita’ agricola e zootecnica in unita’ di maggiori dimensioni e avvicinando il nostro Paese alla struttura aziendale media europea. Anche la dimensione media aziendale in termini di SAT aumenta rispetto a quanto rilevato dal Censimento del 2000, passando da 7,8 a 10,6 ettari. Tuttavia, in valore assoluto, la SAT complessiva diminuisce (-8 per cento) assai piu’ della SAU (-2,3 per cento), segnale di un processo di ricomposizione fondiaria che ha trasferito alle aziende agricole attive nel 2010 prevalentemente le superfici agricole utilizzate dalle aziende cessate e, in misura minore, i terreni investiti a boschi annessi alle aziende o non utilizzati. Oltre la meta’ della SAU totale (54,1 per cento) e’ coltivata da grandi aziende con almeno 30 ettari di SAU (5,2 per cento delle aziende italiane), mentre nel 2000 quelle al di sopra di questa soglia dimensionale coltivavano il 46,9 per cento della SAU ed erano il 3 per cento del totale. Le aziende con meno di 1 ettaro di SAU diminuiscono del 50,6 per cento e rappresentano nel 2010 il 30,9 per cento del totale delle aziende agricole italiane, mentre erano il 42,1 per cento nel 2000. In Sardegna le piu’ estese, in Liguria le piu’ piccole Con una dimensione media di 19,2 ettari di SAU per azienda, la Sardegna presenta la dimensione media aziendale maggiore, superando la Lombardia (18,4 ettari). I valori minimi si registrano in Liguria (2,1 ettari di SAU per azienda), Campania e Calabria (4), Puglia (4,7). Tutte le regioni del Sud hanno una dimensione media inferiore a quella nazionale, ad eccezione della Basilicata (9,9 ettari di SAU per azienda). Oltre la meta’ delle aziende e’ concentrata in cinque regioni E’ la Puglia la regione con il maggior numero di aziende agricole (oltre 275mila), seguita dalla Sicilia (219mila), dalla Calabria (138mila), dalla Campania (137mila) e da Veneto (121mila). In queste cinque regioni opera il 54,6 per cento delle aziende agricole italiane. Il 46 per cento della Superficie agricola utilizzata si concentra in Sicilia (1.384.043 ettari), Puglia (1.280.876), Sardegna (1.152.756) Emilia-Romagna (1.066.773) e Piemonte (1.048.350 ). Meno numerose ma piu’ grandi anche le aziende zootecniche Anche per il settore zootecnico i dati provvisori segnalano una tendenza alla concentrazione degli allevamenti in un numero minore di aziende, ma di maggiori dimensioni. Le aziende zootecniche risultano equamente distribuite tra le ripartizioni geografiche anche se emergono specializzazioni regionali. L’incidenza del settore zootecnico su quello agricolo nel suo complesso varia da regione a regione. A Bolzano alleva animali il 48,3 per cento delle aziende agricole, in Lombardia il 39,7 per cento, in Valle d’Aosta il 38,6 per cento e in Sardegna il 33,4 per cento. In Puglia, al contrario, solo il 2,2 per cento delle aziende agricole e’ di tipo zootecnico. Netta la prevalenza dei bovini Le aziende con bovini sono 124 mila e, sebbene in calo rispetto al 2000 (-27,7 per cento), rappresentano il 59,2 per cento delle aziende zootecniche complessive. Il numero di capi allevati e’ pari a 5,7 milioni (-6,1 per cento rispetto al 2000). Oltre la meta’ delle aziende (50,2 per cento) e quasi i tre quarti del patrimonio bovino (70,4 per cento) sono localizzati nelle regioni e province autonome del nord Italia. In particolare, le regioni a maggiore vocazione zootecnica bovina risultano la Lombardia con 15 mila aziende e 1,5 milioni di capi allevati, il Veneto con 13 mila aziende e 826 mila capi e il Piemonte con 13 mila aziende e 816 mila capi. Nel complesso queste tre regioni detengono circa il 55 per cento del patrimonio bovino italiano. In forte crescita rispetto al 2000 appare il settore bufalino, con un complesso di 358 mila capi concentrato in Campania (261 mila capi allevati in 1.406 aziende) e Lazio (63 mila capi, 590 aziende). Le due regioni detengono il 90,4 per cento del bestiame totale. Molti piu’ terreni in affitto e in uso gratuito Pur essendo ancora basata su unita’ aziendali di tipo individuale o familiare (96,0 per cento), la struttura agricola e zootecnica mostra evidenti segnali di cambiamento in quasi tutte le 16 regioni e province autonome. Nel 95 per cento dei casi, il conduttore gestisce direttamente l’attivita’ agricola e nel 65,5 per cento i terreni sono di proprieta’ sua o dei suoi familiari; tuttavia, la struttura fondiaria e’ molto piu’ flessibile rispetto al passato, grazie al maggior ricorso a forme diversificate di possesso dei terreni, orientate sempre piu’ all’uso di superfici in affitto o gestite a titolo gratuito. La tendenza all’aumento dei terreni in affitto, gia’ verificata in alcune aree del Paese nel precedente Censimento, e’ divenuta un vero e proprio boom: la SAU in affitto cresce del 52,4 per cento, quella in uso gratuito del 76,6 per cento. Nel 2010 la SAU in affitto o in uso gratuito arriva a rappresentare il 39,4 per cento del totale delle 16 regioni e province autonome (era il 24,5 per cento nel 2000). In crescita il ricorso alla manodopera extra familiare Sebbene si confermi l’importanza del conduttore nell’attivita’ agricola della propria azienda (tale figura rappresenta il 42,6 per cento delle persone costituenti manodopera aziendale), il carico di lavoro aziendale si sta spostando dalla manodopera familiare ai lavoratori dipendenti in forma continuativa o saltuaria (“altra manodopera aziendale”). Quest’ultima passa dal 18,6 per cento della forza lavoro complessiva al 21,6 per cento, mentre quella familiare si riduce dall’81,4 per cento al 78,4 per cento. Cresce la “quota rosa” La diminuzione delle aziende a conduzione femminile tra i due censimenti e’ minore rispetto al calo di quelle a conduzione maschile (-29,6 per cento contro -38,6 per cento). La quota di aziende condotte da donne passa cosi’ dal 30,4 per cento al 33,3 per cento. Aumenta, anche se di poco (dal 20,9 per cento al 21,9 per cento del totale), il peso dei conduttori di genere femminile in termini di giornate lavorate. Il carico di lavoro delle donne conduttrici rimane tuttavia contenuto nelle 58 giornate standard lavorate mediamente nell’annata agraria 2009-2010, rispetto alle 104 prestate dai conduttori di genere maschile. Sale la percentuale di giovani capoazienda Nonostante il calo complessivo delle aziende agricole, si rafforza la quota di capoazienda con meno di 30 anni (2,5 per cento nel 2010, contro 2,1 per cento nel 2000); la stessa tendenza si riscontra per i capoazienda con meno di 45 anni (18,6 per cento nel 2010, contro 18,2 per cento nel 2000). Inoltre, guardando all’intera distribuzione per eta’, nel 2010 la classe 55-59 anni rappresenta la classe mediana (quella che divide la popolazione in due parti uguali), a testimonianza di una quota maggiore di giovani a capo delle aziende agricole (nel 2000 la classe mediana era quella 60-64 anni). Aumenta il grado di istruzione dei capoazienda Il Censimento del 2010 evidenzia un innalzamento del livello di istruzione dei capoazienda rispetto al 2000, come sintesi della riduzione di chi non possiede alcun titolo di studio o ha soltanto la licenza elementare, e dell’aumento del peso dei titoli di studio piu’ elevati. Nel 2010 oltre il 60 per cento dei capoazienda possiede almeno la licenza di scuola media inferiore (nel 2000 erano poco piu’ del 40 per cento), mentre circa il 5 per cento di loro ha una specializzazione in ambito agrario (erano meno del 3 per cento nel 2000).

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