L’amministrazione Omama e’ pronta a chiedere 5 miliardi di dollari a Standar&Poor’s, per risarcire parte dei danni causati dalla crisi dei mutui subprime scoppiata nel 2007. Una crisi alla quale – secondo il Dipartimento alla giustizia americano – il colosso del rating avrebbe ampiamente contribuito, ‘gonfiando’ le valutazioni di alcuni mutui ipotecari.
Questo pur essendo a conoscenza dei rischi che di li’ a poco avrebbero scatenato l’inferno della piu’ profonda recessione dagli anni della Grande Depressione. Tutto e’ contenuto in un corposo dossier che a giorni verra’ presentato in tribunale, dando il via ad una causa civile senza precedenti, dopo anni di indagini sulle responsabilita’ non solo di Standard&Poor’s, ma anche delle altre due agenzie di rating, Moody’s e Fitch, che almeno per ora, pero’, restano fuori dalla bagarre. ”Le accuse contro di noi sono false e immotivate”,si difende S&P, che in una nota sottolinea come il suo impegno, anche nel 2007, sia stato sempre quello di ”garantire gli interessi degli investitori e di tutti gli attori del mercato, fornendo opinioni indipendenti sul valore dei prodotti finanziari sottoposti alla sua valutazione”. Una valutazione – assicura – sempre ”basata sulle informazioni disponibili”. ”Ma sfortunatamente – si difende ancora S&P – come chiunque altro non potevamo prevedere la velocita’ e la severita’ della imminente crisi e come la qualita’ del credito sarebbe stata fortemente colpita”. Tale linea difensiva, evidentemente, non ha convinto le autorita’ americane, che hanno deciso di lanciare un’azione civile contro S&P sia a livello federale che a livello di molti singoli Stati Usa. Tutto cio’ mentre il presidente americano, Barack Obama, appare fortemente intenzionato ad andare fino in fondo anche con la riforma di Wall Street, nonostante le mille resistenze. Come dimostra anche la recente scelta di aver messo a capo della Sec (la Consob americana) un’ex procuratore, uno ‘sceriffo’ per garantire che le nuove regole nel settore finanziario vengano realmente attuate e applicate. Obama, che ha parlato con i giornalisti alla Casa Bianca, non ha fatto cenno a Standard&Poor’s. Ma si e’ soffermato su un’altra delle sfide enormi che la Casa Bianca si trova ad affrontare: la riduzione del deficit evitando tagli indiscriminati alla spesa pubblica. Tagli che finirebbero inevitabilmente per penalizzare molti servizi e per rallentare la gia’ timida ripresa dell’economia. La prossima scadenza e’ il primo marzo, quando senza un piano del Congresso scatteranno automaticamente 85 miliardi di tagli alla spesa. Insomma, torna l’incubo ‘fiscal cliff’, anche se il clima in Congresso appare cambiato. Obama lancia dunque la proposta di un ‘piano provvisorio’, cosi’ che repubblicani e democratici abbiano piu’ tempo per discutere. ”Se il Congresso non e’ in grado di agire immediatamente su un pacchetto di misure piu’ ampio per la riduzione del deficit, allora vari un piano piu’ limitato”, ha detto, avvertendo come tagli profondi e indiscriminati costeranno posti di lavoro e rallenteranno l’economia”. Un’economia che – ha confermato il presidente – ”ha imboccato la giusta direzione”. Anche se il Cogressional Budget Office (CBO) vede nel 2013 una frenata della crescita all’1,4%, con un tasso di disoccupazione che si dovrebbe mantenere vicino all’8%. ”Il deficit federale si e’ dimezzato negli ultimi quattro anni – afferma la CBO – ma la ripresa resta debole e il debito restera’ a livelli storicamente alti se non si fara’ di piu”’.