L’aver riaperto i termini del concorso da primario significa aver compiuto un atto illecito che configura il reato di abuso d’ufficio: la procura di Bari insiste sulla sussistenza della contestazione a carico del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e dell’ex direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino. Nonostante l’assoluzione con la formula più ampia (“il fatto non sussiste”) dal reato di concorso in abuso d’ufficio continuato, il procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno ha deciso di ricorrere in appello.
Secondo la procura, non solo il reato sussiste a carico dei due imputati, ma la credibilità di Cosentino va difesa perché l’ex manager non ha mentito – contrariamente a quanto scrive il giudice nella sentenza – quando ha riferito delle pressioni subite da Nichi Vendola per riaprire i termini del concorso da primario di chirurgia toracica dell’ospedale San Paolo a Bari, concorso vinto nel 2009 dall’attuale primario, Paolo Sardelli. Il gup Susanna De Felice era stata di tutt’altro avviso e, il 31 ottobre scorso, aveva stabilito non solo che non c’era stata alcuna istigazione da parte del presidente della Regione, ma che non ci fosse neppure il fatto illecito da istigare. Il giudice nelle motivazioni del processo con rito abbreviato depositate nel gennaio scorso era stato particolarmente duro con la procura definendo gli argomenti a base delle accuse contro Vendola “suggestivi” e frutto di “mere illazioni”. Dopo aver ricordato che la riapertura dei termini del concorso non è un fatto “illegittimo in sé quando la delibera sia motivata e sussistano fondati motivi di interesse pubblico”, il gup sottolinea in sentenza che la procedura del 2008 per l’incarico quinquennale da primario di chirurgia toracica “risulta sostanzialmente rispettata sotto il profilo formale”. I termini del bando furono riaperti per consentire una più ampia partecipazione poiché erano giunte tre sole domande. Dopo la riapertura dei termini vi furono tre ulteriori richieste di partecipazione, tra cui quella di Sardelli. Secondo la Procura, due di queste furono presentate “per fare numero” perché “il concorso doveva vincerlo Sardelli”, avrebbe detto Vendola a Cosentino come riferito agli inquirenti dalla donna. Una “mera illazione”, secondo il giudice, che gli altri due si siano presentati “per confondere le acque” e favorire Sardelli. Secondo il gup, manca poi “la dimostrazione del perseguimento intenzionale e prevalente di un interesse privato”. Sullo sfondo restano le accuse dei due pm del processo che da dicembre si sono astenuti dal trattare tutti i processi sulla sanità, Desireé Digeronimo e Francesco Bretone: questi, in un esposto al procuratore generale di Bari hanno parlato dell’amicizia tra la sorella del presidente, Patrizia Vendola, e il giudice De Felice che ha disposto l’assoluzione. Fatto questo sul quale ha indagato la procura di Lecce concludendo con una richiesta di archiviazione: non si è trattato di amicizia ma di una frequentazione occasionale.