Confermato, dalla Sezione lavoro della Cassazione, il diritto all’assunzione di 145 operai iscritti alla Fiom nella fabbrica della Fiat di Pomigliano, così come era stato stabilito dalla Corte di Appello di Roma che, nel 2012, aveva ritenuto discriminatorio il comportamento dell’azienda che aveva deciso di non dare il posto ai metalmeccanici del sindacato guidato da Maurizio Landini, il più rappresentativo della categoria.
“Eravamo convinti di essere di fronte ad una discriminazione – ha sottolineato Andrea Amendola, segretario generale della Fiom di Napoli -, le sentenze ci hanno dato ragione e la Cassazione lo fa in maniera definitiva. Ora si tratta solo di porre rimedio nel più breve tempo possibile, in quanto la discriminazione è continuata anche dopo lo scioglimento della newco, con i nostri operai rimasti sempre in cassa integrazione, senza essere stati chiamati a lavorare nel settore ‘A’, quello che non è toccato dalla cig” e dove si produce la Panda. Di diverso parere, naturalmente, la Uilm Campania che con Fiat ha siglato contratti senza la Fiom. “Per i lavoratori – ha detto il segretario generale Giovanni Sgambati – secondo me non cambia nulla, in quanto con il riassorbimento della newco tutti sono tornati nella stessa società, e non si devono fare assunzioni: Fabbrica Italia Pomigliano non esiste più. Questo è la dimostrazione di quanto la giustizia sia lenta rispetto all’evolversi della società dal punto di vista economico, e quindi di quanto sia meglio per un sindacato fare accordi che ricorrere ai tribunali”. Il verdetto della Suprema Corte su questa drammatica contrapposizione – sul tema della libertà ideologica tutelata dalla direttiva comunitaria n.78 del 2000 – che ha segnato un momento di tensione altissima tra la casa automobilistica e le tute blu della Fiom, è contenuto nella sentenza 5581 (presidente Fabrizio Miani Canevari, relatore Gianfranco Bandini). L’udienza si era svolta lo scorso 11 febbraio, ma la decisione si è appresa – come sempre avviene nel settore civile – solo con la pubblicazione delle motivazioni. Senza entrare nel merito della vicenda, i supremi giudici hanno bocciato come “inammissibile” il ricorso della Fiat in quanto proposto ancora in qualità di ‘Fabbrica Italia Pomigliano’ (Fip) nonostante, il primo marzo del 2013, la denominazione sia ‘morta’ in seguito alla cessione dello stabilimento incorporato nella ‘Fiat Group Automobil’ (Fga). Era stata la stessa Fiom – che ha chiesto agli ‘ermellini’ di tenere ferma la sentenza d’appello – ad eccepire, con una apposita memoria, “l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza dell’interesse ad agire, stante l’avvenuta cessione, a far data dal primo marzo 2013, da parte della Fip ed a favore della Fga, del complesso aziendale sito in Pomigliano d’Arco”. Ad avviso della Suprema Corte, la Fip “non essendo più proprietaria dello stabilimento presso il quale avrebbero dovuto essere effettuate le ulteriori assunzioni di affiliati alla Fiom, ovvero presso il quale già siano state effettuate le assunzioni dei lavoratori nominativamente indicati, non ha più alcun concreto ed attuale interesse alla rimozione delle statuizioni rese nell’ordinanza impugnata”. Questo, in primo luogo, perchè Fip, “in alcun modo potrà conseguire un pregiudizio dal mantenimento presso il suddetto stabilimento dei lavoratori assunti (che erano, prima dell’assunzione, dipendenti della Fga e che tali sono tornati ad essere a seguito della cessione)”.
Poi, perchè Fip “non potrà procedere ad ulteriori assunzioni presso il medesimo stabilimento di altri dipendenti della Fga affiliati alla Fiom”. Infine, perchè Fip “non potrà conseguentemente essere ulteriormente destinataria dell’ordine di cessare dal ritenuto comportamento discriminatorio e di rimuoverne gli effetti”. La Cassazione, dato che la decisione di questa causa ha risentito delle “circostanze fattuali sopravvenute alla proposizione del ricorso” – ossia la cessione di Fip a Fga dopo la sentenza d’appello – e anche “avuto riguardo alla complessità delle questioni svolte”, ha deciso la “compensazione” delle spese tra azienda e sindacato. Di diverso avviso era stata la Procura della Cassazione, rappresentata da Marcello Matera, che – entrando invece nel merito del ricorso – aveva chiesto il rigetto del reclamo di Fip e la conferma dell’ordine di assumere gli iscritti alla Fiom eliminando così le discriminazioni. Il Pg Matera – magistrato di lunga esperienza e molto ascoltato – ha evidentemente ritenuto infondata la tesi dei legali della Fiat i quali hanno insistito, in Cassazione, nel sostenere che le assunzioni ‘forzate’ violavano la libertà di scelta dell’imprenditore, e che la tutela ideologica assicurata dalla direttiva Ce si applica solo per le opinioni personali come quelle religiose, e non per quelle di natura politica.