Cinque gli indagati per la morte dell’ex poliziotto Alfonso M., deceduto dopo ore di attesa al pronto soccorso dell’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, per un infarto che, secondo le prime ricostruzioni della procura di Salerno, forse poteva essere già in corso prima che portassero il paziente a fare una tac. Ad essere stati iscritti sul registro degli indagati, perché possano nominare un proprio perito di parte, sono medici ed infermieri, compreso quello in servizio al triage, che hanno preso in cura il paziente dal momento dell’arrivo a quello del decesso. Ricordiamo che l’uomo, 68 anni, a Salerno in visita ad alcuni parenti, è giunto in ospedale alle 19.13 ma solo alle 3.31 gli vengono eseguite le analisi e alle 7.51 vengono firmate le dimissioni per morte. Domani gli esami autoptici e poi la salma sarà restituita alla famiglia per i funerali che si terranno nella chiesa di Gesù Risorto al parco Arbostella. Ieri pomeriggio, in procura, c’è stato l’affidamento dell’incarico peritale ai consulenti di parte. La contestazione, per i cinque indagati è di cooperazione in omicidio colposo. Compito dei medici legali sarà quello di valutare, dettagliatamente, il decorso clinico del paziente dal momento del ricovero valutando se l’assistenza medica ricevuta sia stata corretta in ogni sua fase e se ci siano state incongruenze di carattere diagnostico o terapeutico di eventuale rilievo nel causarne il decesso. La procura intende anche avere dettagli precisi sulla correttezza del triage effettuato al momento dell’accettazione dell’anziano presso il pronto soccorso, sulla tempestività degli esami diagnostici e strumentali eseguiti, sulla congruità e la tempestività tra le cure erogate e gli esiti diagnostici e l’anamnesi effettuata sulle dichiarazioni rese dal paziente e dalla moglie che lo aveva accompagnato. Insomma, la procura vuole sapere se, dagli esami eseguiti si fosse potuta facilmente individuare la causa patologica che ha poi portato il paziente alla morte e quali avrebbero dovuto essere gli accertamenti e le cure da fare in accordo alle linee guida e le buone prassi elaborate in materia. Ma anche, essendo il ricovero avvenuto a cavallo del cambio turno di servizio, la procura vuole sapere se vi sia stata continuità nell’assistenza data all’anziano, se vi sia stato un corretto passaggio di consegne, se il medico subentrato fosse tenuto e rivalutare le condizioni del triage eventualmente approfondite dai primi sanitari anche alla luce delle linee guida nazionali ed aziendali.

Il sangue, secondo le analisi effettuate nel corso della nottata (ricordiamo che l’uomo è giunto in ospedale alle 19.13 ma solo alle 3.31 gli vengono eseguite le analisi) non coagulava bene, e i valori di glicemia ed azotemia erano sballati tanto che, non appena si è saputo del decesso, qualcuno al pronto soccorso ha parlato di crisi ipoglicemica. Ma, in realtà, guardando le analisi anche la troponina era alta, ovvero i battiti cardiaci erano molto accelerati. In medicina, livelli ematici alti di troponina sono, generalmente, il principale indicatore di un danno a carico del miocardio. Insomma, il suo quadro clinico non era dei migliori quando è stato portato a fare la tac e la procura vuole capire se siano stati fatti interventi di stabilizzazione o meno della situazione clinica. Perchè il cuore andava «regolato» e la glicemia controllata e tenuta a bada. Come indicato anche dall’esito dell’elettrocardiogramma. Secondo la famiglia, così come dichiarato agli agenti della Squadra mobile che indagano, ma ancora prima ai poliziotti chiamati per intervenire nell’immediatezza del decesso, ci sarebbero state delle mancanze proprio nell’assistenza clinica. All’uomo, oltre alla tac, era stata prescritta anche una vista anestesiologica prima ancora di curare le parti malate: il cuore e la glicemia. La prima reale presa in carico del paziente, ricordiamo, è avvenuta soltanto nelle prime ore della mattinata quando Alfonso e la moglie attendevano già da sette ore.

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