di Mario De Michele

Non avranno scusanti i futuri amministratori di Orta di Atella. Dopo più di un ventennio è crollato il pilastro principale sul quale, nel bene e nel male (più nel male), si reggeva la politica locale. Sulla scena non c’è più Angelo Brancaccio. L’ex sindaco non sarà un fattore delle comunali del 7 novembre. Per affermarlo con certezza bisognava attendere la presentazione delle liste. E ieri alle 12.00 è suonata la campana. In corsa per la fascia tricolore ci sono due avvocati: Gianfranco Arena e Vincenzo Gaudino. Il primo capeggia uno schieramento moderato con un tocco di destra. Il secondo guida un raggruppamento progressista (spicca l’assenza del simbolo Pd). Quello che poteva essere il terzo incomodo, Mimmo Damiano, si è tirato fuori dai giochi dopo un raid contro la sua abitazione che lui stesso ha ricondotto “alla presenza troppo ingombrante della criminalità sul territorio”. Fatto sta che dal quadro che si è delineato manca quello che quasi tutti in città indicavano come l’uomo ancora in grado di determinare le sorti della politica. Brancaccio, appunto.

Angelo Brancaccio

Stando allo strepitus fori l’ex primo cittadino aveva intenzione di incidere anche sulle prossime elezioni. E quando Brancaccio scende in pista lascia segni profondi, come quelli inferti al territorio, devastato dalle colate di cemento degli anni 2000, quando la cupola con lui al vertice, ma composta da decine di persone, o meglio di banditi, ha fatto affari per centinaia di milioni di euro. Alle prossime amministrative Brancaccio non sarà un fattore. È quanto emerge chiaramente dalle liste e dai candidati sindaco. Nessun legame e tante inimicizie con il gruppo Arena. Niente a che spartire con Gaudino e company. È rimasto deluso chi, per i propri interessi o per danneggiarlo, sperava che Brancaccio reggesse ancora i fili da dietro le quinte. Come detto non sarà un fattore. E soprattutto non potrà più essere brandito come un alibi da coloro i quali avranno l’onere e l’onore di governare la città. Chi vincerà la disputa elettorale avrà il dovere di affrontare e risolvere i problemi senza la possibilità di mestare nel torbido. La prima cosa da fare è l’approvazione del Puc. Il preliminare è già stato varato dai commissari straordinari. Si tratta di un ottimo strumento urbanistico. Un’occasione storica per avviare il processo di “riequilibrio” del territorio. Ora che Brancaccio appartiene a una lunga parentesi del passato non ci sono motivi per non approvarlo. L’eventuale bocciatura del Puc da parte dei futuri amministratori farebbe calare una nube nera sulla tanto auspicata e decantata da tutti nuova fase. Si badi bene però. La “fine” di Brancaccio non coincide con la fine del Brancaccianesimo, cioè con quel modo di fare politica finalizzato agli affari personali. La cupola era composta da politici, tecnici e imprenditori. Quando il capo è caduto in disgrazia tutti, nessuno escluso, hanno preso le distanze nella speranza di salvarsi. E ci sono riusciti. D’un colpo i suoi fedelissimi sono divenuti anti-brancacciani dopo essersi riempiti le tasche di soldi sporchi. I soldi sono stati riciclati in abitazioni, terreni, compravendite. Orami sono andati. Ma sono rimasti a piede libero quelli che quei soldi sporchi hanno accumulato grazie alle gestioni delinquenziali di Brancaccio. Dove sono finiti gli ex seguaci del primo cittadino? Sono sparsi qua e là. Sotto coperta. Come squali navigano a pelo d’acqua. Pronti ad azzannare appena sentiranno l’odore del sangue. Anzi dei soldi.   

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