di Mario De Michele

È ufficiale: Carmine Schiavone è un mitomane. Il pentito, che si è pentito di essersi pentito, ha annunciato ad un’emittente televisiva locale (ormai i network nazionali non danno più peso alle sue sciocchezze) di avermi denunciato per un mio editoriale pubblicato il 6 febbraio di quest’anno su Campania Notizie dal titolo “Schiavone, una bestia che infanga il nome di don Peppe Diana” (clicca qui per leggere l’articolo). Il pentito, che si è pentito di essersi pentito, si è offeso perché ho ripercorso la sua “carriera” criminale. La cosa mi ha sorpreso non poco.

Nel mio editoriale non ho fatto altro che definire Schiavone, parole testuali, “camorrista, assassino, bestia”. Riferendomi alle sue dichiarazioni su don Diana, fornite durante un’udienza del processo a carico di Nicola Cosentino, ho poi aggiunto che “dalle sue fauci fetide è uscito un fiotto di sterco”. E che un “animale vestito da uomo, ignobile e spietato come lui, non poteva che sputare escrementi” su un prete che ha perso la vita per la sua battaglia contro i Casalesi. Considerazioni così garbate e veritiere al punto da non essere contestate neppure dallo stesso interessato, cioè dal camorrista, assassino, bestia. Quello che ha leso, secondo Schiavone, la sua onorabilità(?) è stata la “qualifica” di pappone che gli ho affibbiato ricordando i suoi esordi criminali. E no! Il pluriomicida si sente a suo agio nei panni di camorrista, assassino, animale vestito da uomo, ma ricusa la “professione” di pappone. Bestia sì, magnaccia no.

Nel corso dell’intervista televisiva, il pentito, che si è pentito di essersi pentito, è stato come sempre incontinente, anche perché la giornalista pendeva dalle sue labbra. E Schiavone ha continuato tra gli applausi il suo show. Specializzatosi in tuttologia, laurea ad honorem conferitagli da alcuni squallidi organi di informazione, il sanguinario killer non ha smesso i panni del guitto e mi ha accusato di non aver mai alzato la voce contro la camorra. Vorrei qui ricordare che ai tempi del mio impegno politico-amministrativo, che risale al ’94 (prima di iniziare il mestiere di giornalista), come assessore all’Ambiente del Comune di Cesa negai l’affidamento diretto all’allora ditta di Gaetano Vassallo (imprenditore del clan, oggi pentito) per la gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani.

In anni più recenti, nel 2008 (quando il gruppo Setola trucidava decine di persone), ho curato due reportage sui Casalesi, guarda caso proprio per l’emittente televisiva che oggi ha trasformato Schiavone in una star. E dopo la messa in onda subii un’intimidazione (mi squarciarono le gomme dell’auto) come risulta agli atti del Reparto territoriale dei carabinieri di Aversa, dove denunciai l’accaduto. Eppure il pentito, che si è pentito di essersi pentito, ha dichiarato durante la piacevole intervista (per lui), con la solita indecente aria del sapientone: “Questo De Michele vuole fare l’antimafia, ma dov’era quando i boss di Cesa mettevano i piedi in testa a lui e alla sua famiglia?”.

Sono scoppiato a ridere. Da lacrimare. Schiavone mi ha fatto pena. Non ci sono dubbi: è un mitomane. E non lo dico per la vicenda personale che è assolutamente irrilevante. Ho già dato mandato al mio legale di denunciarlo per calunnia e diffamazione. Basta leggere e ascoltare le psicopatiche dichiarazioni su servizi segreti “deviati”, sulle forze dell’ordine e i magistrati “quasi tutti corrotti”, sui tentativi di ucciderlo da parte di apparati dello Stato. E via così con una lunga sequela di racconti fantascientifici. Non basta per convincervi che Schiavone è un megalomane? Bene. Vi racconto l’ultima: “Ma quale “modello Caserta”? I vertici dei Casalesi li ho sconfitti io, senza di me lo Stato non avrebbe arrestato nessuno!”.

Chiamate l’ospedale psichiatrico criminale. C’è un pazzo in libertà!

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