C’è poco da interpretare. Il codice etico del Pd parla chiaro. E accompagna alla porta d’uscita del partito Enzo Guida. Il sindaco di Cesa è stato condannato in primo grado a 2 anni per atti persecutori e diffamazione ai danni della moglie Tina Bove. Oggi i due sono separati. All’epoca dei fattacci vivevano ancora assieme. Il primo cittadino fu denunciato dalla consorte. E poi rinviato a giudizio. Lo scorso 16 giugno il tribunale ha emesso la sentenza. Una tegola pesantissima per Guida. Condannato per concorso anche il padre Domenico Guida, già consigliere comunale di Cesa. “La vicenda riguarda fatti personali”, tra i corridoi abbozzano una difesa gli esponenti della maggioranza di centrosinistra. Ma il reato è grave. E soprattutto coinvolge indirettamente la sfera politica. Una condanna per stalking ai danni della moglie fa rumore. Se nella squadra di governo nessuno ha il coraggio di mettere in discussione il trono di Enzo I, fuori città le cose non stanno così. E per il primo cittadino di Cesa si potrebbe mettere davvero male. Il codice etico adottato nel 2008 dai dem, ai tempi di Walter Veltroni, al punto 5 “Condizioni ostative alla candidatura e obbligo di dimissioni” non lascia adito a dubbi: “Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione ­ anche di carattere interno al partito­ coloro nei cui confronti sia stata emessa sentenza di condanna definitiva, anche a seguito di patteggiamento, per reati inerenti a fatti che presentino per modalità di esecuzione o conseguenze, carattere di particolare gravità”. Neon candidatura significa cacciata. Sulla gravità dei reati c’è la totale unanimità. Certo, nel centrosinistra locale si tenta di minimizzare per non urtare la suscettibilità del sovrano. Ma ora che il re è nudo spetterà agli organismi sovracomunali (il Pd provinciale e regionale) intervenire per garantire il rispetto delle regole. Guida rischia seriamente la sospensione dal partito. Statuto e codice etico alla mano il sindaco è già con un piede e mezzo fuori dalla porta. Come sempre accade tra i democrat casertani e campani la patata bollente finirà prima nel tritacarne delle faide tra componenti. Per salvarsi il primo cittadino tirerà per la giacchetta i suoi capi. Sul fronte opposto si attiveranno i nemici di corrente. Alla fine dovrebbero esprimersi gli organismi di garanzia. Nel caso del Pd il condizionale è rigorosamente d’obbligo. Anche al cospetto di una condanna che rimbomba ancora tra le stanze della politica regionale.

Mario De Michele

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