Non funzionano più le campagne d’odio. Tanto meno il lecchinaggio social di arcinoti scribacchini dei comuni limitrofi, al servizio dei potenti di turno per un tozzo di pane racimolato con incarichi “familiari e non” incassati tramite prestanome altrettanto arcinoti. Per giunta hanno pure la faccia tosta di autodefinirsi giornalisti. Non ci vorrà molto. Saranno agevolmente smascherati con una dettagliata inchiesta. Al netto delle amenità perfide, condite da un becero personalismo, segno evidente di debolezza e apprensione, le battaglie di Italia Notizie hanno sempre trovato un riscontro oggettivo anche nelle sentenze della magistratura. Un’altra conferma è arrivata dalla recente assoluzione nei nostri confronti, emessa dal Tribunale Napoli Nord dopo un lungo dibattimento e in seguito a una querela presentata da Enzo Guida. Tra i numerosi articoli contestati dal sindaco di Cesa, tutti carte alla mano considerati veritieri e fondati, spiccano quelli sugli incarichi professionali diretti conferiti dal comune ai parenti stretti degli amministratori locali. Al termine di un certosino lavori di ricostruzione dei provvedimenti pubblicati sull’albo pretorio, abbiamo scoperto che nel giro di appena tre anni i familiari di esponenti della giunta e di consiglieri di maggioranza e tecnici internazionalmente riconosciuti come organici alla squadra di governo hanno intascato la bellezza di quasi 300mila euro. Sic et simpliciter, senza partecipare a nessuna gara, con scelte “ad personam”.

Enzo Guida e Piero Cappello

Nelle nostre inchieste (scripta manent) abbiamo denunciato l’illegittimità degli atti amministrativi. Sotto i riflettori sono finite le determine a contrarre adottate dagli uffici comunali preposti. Oltre alla vittoria giudiziaria su tutti i fronti, a rafforzare la veridicità e la fondatezza delle nostre critiche è sopraggiunta anche la sentenza n. 2153 del 17 gennaio 2025 emessa dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione. Gli Ermellini hanno stabilito in prima istanza che “la determina di affidamento comporta implicitamente l’attestazione che i requisiti dell’affidatario, tra cui la “documentata esperienza pregressa” richiesta dall’art. 50, comma 1, lett. b) del Codice degli appalti, sono stati verificati e risultano sussistenti. Non solo. Per la Suprema Corte “la mancata menzione esplicita della verifica nell’atto non salva il dirigente dalla responsabilità penale, se il presupposto è oggettivamente falso o privo di riscontro”. L’affidamento diretto prevede infatti che per procedere con questa tipologia di procedura si debba assicurare “che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali”.

In mancanza di tale attività istruttoria e indipendentemente dalla presenza di formule esplicite nella determina, si configura a carico del funzionario o del responsabile unico del procedimento il reato di falso ideologico in atto pubblico, punito con la reclusione da uno a sei anni (art. 479 del codice penale). Dal punto di vista operativo la sentenza richiama con forza il ruolo tecnico-amministrativo del Rup e dei dirigenti pubblici. Anche nell’ambito di affidamenti sotto soglia la semplificazione delle procedure prevista dal Codice non equivale a una deresponsabilizzazione. Anzi, rimarcano i giudici di legittimità, proprio la maggiore discrezionalità richiede un controllo più attento e una tracciabilità completa delle verifiche effettuate. Secondo la Cassazione la norma non consente margini interpretativi: per procedere con affidamento diretto è necessario accertare e documentare esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Tutti i rilievi di illegittimità sanciti dalla Suprema Corte sono stati puntualmente riportati nelle inchieste condotte da Italia Notizie. Non lo ribadiamo perché “Cicero pro domo sua” ma per smentire gli odiatori seriali social, riconducibili al solito cerchio tragico, tra cui figurano lacchè e pennivendoli. La sentenza citata ci è utile per rinfrescare la memoria ai pochi beneficiari del “sistema” che si affannano a negare l’evidenza, superando ampiamente il confine del ridicolo davanti agli occhi dei cittadini. Lo facciamo in modo schematico per essere quanto più chiari possibile:

Arch. Cesario Villano, cugino di primo grado, omonimo, dell’allora assessore ai Lavori pubblici, oggi consigliere comunale delegato al ramo, Cesario Villano, ha ottenuto due appalti diretti, di cui uno faraonico, nemmeno fosse stato Renzo Piano il progettista. Importo totale: 88.595 euro.

Arch. Michele Autiero, fratello del capogruppo di maggioranza Nicola Autiero, ha incassato un mega appalto diretto, grazie ad un Raggruppamento temporaneo di professionisti. Importo totale: 72.598 euro.

Ing. Umberto Marino, cugino dell’assessore Alfonso Marrandino, ha portato a casa due incarichi diretti in 9 giorni. Importo totale: 10.911 euro.

Ing. Luigi Marrandino, zio di Erika Alma, compagna, convivente, del sindaco Enzo Guida, ha avuto in poco più di due mesi (dal 27 luglio 2021 al 4 ottobre 2021) tre affidamenti diretti. Importo totale: 16.507 euro.

Arch. Luigi Migliaccio, parente dell’assessore Francesco Turco, ha beneficiato di appalti incarichi diretti con cadenza annuale (28.07.2021-18.10.2022- 24.10.2023). Importo totale: 96.369 euro.

La somma degli affidamenti diretti conferiti in un triennio a Villano, Autiero, Marino, Marrandino e Migliaccio ammonta a 284.980 euro. È tutto verificabile e visionabile tramite le determine pubblicate in calce all’articolo.

Enzo Guida e Giacomo Petrarca

Torniamo alla sentenza della Cassazione penale. E qui sono dolori per i funzionari Piero Cappello e Giacomo Petrarca. Nei rispettivi atti amministrativi vengono sempre richiamate e attestate “le documentate esperienze pregresse”. Bene. Anzi malissimo. Al momento dell’adozione delle determine a contrarre quali erano le “esperienze pregresse”, ad esempio, degli architetti Cesario Villano e Michele Autiero e dell’ingegnere Umberto Marino? Sono state effettuate le verifiche di legge per accertare tali “esperienze pregresse”? Come già detto, la Suprema Corte ha stabilito che la “documentata esperienza pregressa” richiesta dall’art. 50, comma 1, lett. b) del Codice degli appalti, “deve essere verificate e risultare sussistente” da parte del funzionario o del Rup. Per non parlare, tema che affronteremo nella prossima puntata, del mancato rispetto del principio di rotazione nell’affidamento degli incarichi agli ingegneri Umberto Marino e Luigi Marrandino e all’architetto Luigi Migliaccio. Il principio di rotazione, stabilito nel Codice degli appalti, nasce per garantire la libera concorrenza nelle procedure di gara e per evitare che un operatore economico possa monopolizzare gli affidamenti e stabilire un rapporto esclusivo con l’ente.

Dal “combinato disposto” della sentenza della Cassazione e del Codice degli appalti e sulla scorta delle determine pubblicate sull’albo pretorio del comune di Cesa si palesano possibili reati penali e amministrativi, a partire dal falso ideologico in atto pubblico. L’articolo che pubblichiamo oggi vale anche come “notitia criminis” per le autorità competenti. Da liberi cittadini inoltre ci premuniremo di presentare formale esposto alla magistratura per l’eventuale avvio di un’indagine penale a carico dei responsabili di presunte condotte illegali e illegittime. Anche per i pennivendoli “mala tempora currunt”. Il sistema dei prestanome non può funzionare a vita. Prima o poi gli pseudo-giornalisti servizievoli dovranno iniziare a lavorare per campare onestamente.

Mario De Michele
(continua..)

LE DETERMINE ADOTTATE DA CAPPELLO E PETRARCA

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