Durante un incontro organizzato dal quotidiano Domani al teatro Franco Parenti di Milano, Elio Germano, fresco vincitore di un David di Donatello come miglior attore protagonista per Berlinguer – La grande ambizione, è stato ospite per parlare di Libero De Rienzo e presentare il documentario Sangue – La morte non esiste. Proprio in questa occasione Germano ha colto l’opportunità per rispondere alle critiche arrivate da Alessandro Giuli, ministro della Cultura. Giuli, in un altro evento a Firenze, aveva accusato Germano di rappresentare una “minoranza rumorosa” che si esprime spesso, ma senza reale ascolto, persino nelle sedi istituzionali come il Quirinale. Dal palco di Milano, Germano ha ribaltato questa critica, affermando che la vera solitudine è quella di chi governa senza ascoltare i lavoratori del cinema, molti dei quali sono senza lavoro da oltre un anno e mezzo: “C’è gente disperata, che piange, che non sa cosa fare, che ha cambiato lavoro. Da un anno e mezzo il cinema è fermo. Sulle linee guida dei finanziamenti al cinema, questo governo ha messo che i soldi vanno dati soltanto a film che parlano bene di personaggi italiani”.
Secondo l’attore, lo Stato beneficia economicamente dal settore cinematografico ma lo sostiene troppo poco e questa crisi dipende anche dalle scelte sbagliate di chi è al governo: “Se un ministro della Cultura, che dovrebbe rappresentare il Paese, non sa che ci sono persone a casa, vuol dire non sapere che c’è un dramma sociale e vuol dire che ‘ciancia in solitudine’”, ha detto. E ha aggiunto: “Io, personalmente, non ho mai appoggiato nessun ministro della Cultura. Ho avuto confronti e critiche con tutti. Però, sentirsi rispondere che stanno facendo un lavoro patriottico perché non danno più privilegi alla sinistra, è un discorso preoccupante. L’atteggiamento di chi sembra voglia fare piazza pulita del vecchio governo e cambiare i posti dirigenti sono loro”. Germano ha poi criticato le nuove regole sui finanziamenti pubblici al cinema che premiano solo le opere che parlano bene dei personaggi italiani o offrono un’immagine positiva del Paese, attribuendo a Giuli “una grossa responsabilità” della crisi odierna. Secondo lui, questa impostazione limita la creatività e la libertà tipiche della tradizione italiana, fatta anche di ironia e satira.
L’attore ha sottolineato come sia pericoloso che un ministro citi pubblicamente un cittadino per attaccarlo, perché in questo modo si creano pressione e paura che rischiano di far tacere il dissenso: “Io penso sia normale che un cittadino possa lamentarsi di un rappresentante del proprio Paese. È un po’ più inquietante, ed è una cosa che mi succede da tanto, che il rappresentante della politica faccia nome e cognome di un cittadino”.
L’attore ha poi invitato tutti a non sottostare a questa pressione e a non autocensurarsi, perché la critica e la libertà di parola sono alla base della democrazia, esortando il pubblico a non lasciarsi intimidire e a difendere il diritto di esprimere opinioni diverse, opponendosi a qualunque tentativo di limitare il dibattito culturale e sociale: “A questo dobbiamo ribellarci, è una paura fittizia”; ha concluso, “perché a me hanno messo paura, da sempre, eppure continuo a lavorare perché conta solo che gli porti i soldi. Dobbiamo divincolarci da questo terrorismo che fa sì che noi ci censuriamo”.