Verifiche da parte del Nas di Napoli, coordinate dal tenente colonnello Alessandro Cisternino, sono state eseguite nella giornata di ieri nell’ospedale Cardarelli della città, per accertare l’eventuale presenza di criticità legate all’assistenza sanitaria. La visita dei militari è legata, secondo quanto si apprende, al momento particolarmente difficile che sta attraverso dell’area di urgenza del più grande ospedale del Sud Italia, che ha spinto i medici del reparto a lanciare un vero e proprio grido d’allarme, con l’invio, all’attenzione della direzione, di una missiva nella quale sono state annunciate le dimissioni. Nonostante gli allarmi, i Nas non hanno rilevato particolari criticità al momento dell’accesso nel pronto soccorso, tradizionalmente quello maggiormente utilizzato dai cittadini di Napoli ma anche dei comuni della provincia. Analoghi controlli, sempre esclusivamente di natura conoscitiva, sono stati eseguiti dai militari del nucleo anche nel Secondo Policlinico. «Il Cardarelli è una grande realtà per il Mezzogiorno, ma è chiaro che da solo non ce la può fare. Si deve rafforzare la rete dell’emergenza, c’è la necessità di avere più poli di accesso, però è anche molto importante il ruolo della medicina territoriale, perché se non c’è un filtro della medicina territoriale alla fine il pronto soccorso diventa l’unico luogo di assistenza dove convergono tutti, e nessuno può reggere una situazione del genere. Mi auguro si trovino delle soluzioni organizzative, è chiaro che ci vogliono anche investimenti da parte del governo centrale per fare in modo che si possa dare una risposta alla necessità di salute che in una città come Napoli è determinante». Così il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, interpellato sulla situazione dell’ospedale Cardarelli e sui tanti accessi registrati dal suo pronto soccorso negli ultimi giorni. «La situazione dell’emergenza a Napoli – ricorda Manfredi – è stata sempre complessa. Veniamo da 10 anni di commissariamento che ha fortemente ridotto il personale ospedaliero. Esiste un tema nazionale che ho affrontato anche quando ero ministro dell’Università, che è il tema dei pochi medici che scelgono la specializzazione in medicina d’urgenza, perché è un lavoro molto duro e rischioso. Questo si è sommato all’effetto del covid, che ha determinato la chiusura di alcuni pronto soccorso, con la trasformazione in ospedali covid. Oggi è una fase di riorganizzazione».