Il giudice tenterà di conciliare le parti. Non ci riuscirà, e si passerà nel merito. Si affronteranno nell’aula del tribunale del lavoro di Torino la Fiat e la Fiom. Oggetto del contendere è la formazione della newco per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco (che il sindacato ritiene illegittima). Sarà un’udienza affollatissima.

«Tra avvocati e parti chiamate in causa – spiega Elena Poli, uno dei sette legali della Fiom – saremo almeno una quarantina». E per la prima volta i difensori delle tute blu Cgil supereranno in numero quelli dell’azienda («solo» cinque). La creazione di una «new company», ricordiamolo, comporta per l’impresa guidata da Sergio Marchionne la riassunzione dei 5000 dipendenti di Pomigliano e, in seguito, l’uscita da Federmeccanica e quindi la disdetta del contratto nazionale di lavoro per la categoria. La Fiat si troverà davanti un giudice, Vincenzo Ciocchetti, da venti anni e più a Torino. L’ultimo caso trattato da Ciocchetti riguardò la Tayco di Collegno: in quella occasione accolse la richiesta della Fiom di applicare a tutti i lavoratori gli aumenti previsti dal contratto 2009. L’udienza si aprirà con un tentativo di conciliazione per evitare la causa, tentativo che con tutta probabilità sarà rigettato dalle parti. Le richieste Fiom: «Dovrebbero essere ripristinate – dice la Poli – nella fabbrica di Pomigliano le condizioni precedenti il contratto del 29 dicembre 2010. Bisogna applicare il contratto nazionale e applicare l’accordo interconfederale sulle Rsu». Condizioni queste che la Fiat rigetta in toto. Con il ricorso presentato il sindacato di categoria della Cgil chiede che venga accertata la «nullità e l’antisindacalità del comportamento della Fiat nella costituzione della newco Fabbrica Italia Pomigliano e dei suoi effetti sui lavoratori». Ritiene inoltre illegittima anche la previsione che solo i firmatari possano eleggere rappresentanti in fabbrica: dato che la Fiom non firmò, sarebbe esclusa da ogni attività sindacale a Pomigliano. Secondo Giorgio Cremaschi, membro della segreteria nazionale, adire in giudizio configura un passaggio inevitabile, «in quanto per noi il contratto per la newco è illegale. Naturalmente spetterà al magistrato – chiarisce al Corriere del Mezzogiorno – appurare la bontà delle nostre rimostranze e magari verificare anche se oltre a violazioni di ordine civile siano stati commessi anche reati penali». L’azione in tribunale è solo contro Fabbrica Italia e non tocca l’accordo avallato dal referendum dei lavoratori. «Sì – prosegue – ma è anche vero che se saltasse, per le vie legali, la newco si aprirebbe di conseguenza la possibilità di rivedere quell’accordo che di fatto realizza uno strappo senza precedenti con le pratiche della contrattazione nazionale».

 

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