Un mercimonio di sentenze giudiziarie. Cosi’ i magistrati della procura di Napoli definiscono il sistema corruttivo che, secondo quanto emerso dalle indagini,diffuso all’interno della Commissione tributaria di Napoli, 16 componenti della quale sono stati arrestati oggi dalla Guardia di Finanza. Una situazione favorita dal fatto che, in violazione al divieto, molti giudici tributari svolgevano contemporaneamente, sebbene ”in nero”, attivita’ di consulenza fiscale per privati.

Da qui scaturiva ”un perverso intreccio” di favori reciproci ”con danni incalcolabili per l’Erario”. Tant’e’ che agli indagati coinvolti nell’inchiesta e’ contestato il reato di associazione per delinquere. L’indagine della procura di Napoli ha accertato che Felice Ragosta, uno dei leader della famiglia di imprenditori al centro dell’inchiesta, aveva come consulente fiscale Anna Maria D’Ambrosio, giudice tributario e destinataria di una ordinanza di custodia in carcere, la quale avrebbe sfruttato le proprie ”entrature” per favorire il suo cliente . Un sistema, quello descritto dai magistrati, ”perfettamente rodato e collaudato”: scambio di favori, aggiustamenti di sentenze alcune delle quali redatte dal consulente della parte privata. Secondo gli inquirenti, tra coloro che scrivevano le sentenze, poi firmate dai giudici, vi era anche l’avvocato Enrico Potito, titolare della cattedra di Diritto tributario alla Federico II di Napoli, anch’egli finito in carcere. Nell’inchiesta sono coinvolti anche esponenti dell’Ufficio del Garante del contribuente per la Campania, nato appunto per garantire un rapporto trasparente tra fisco e contribuente, che avrebbero agito per favorire gli evasori fiscali.

 

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