di Nicola Del Piano

Magistrati padani, magistrati rossi, magistrati di destra, toghe rosse e toghe bianche. Come in un antico gioco delle parti, uno dei tre poteri dello Stato è ciclicamente sotto attacco. E non da parte di forze oscure ed estranee allo Stato stesso.

“I giudici sono soggetti soltanto alla legge” recita il comma secondo dell’art. 101 Cost. e l’art. 104 afferma che “la magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere”. Questo ordine è il Consiglio Superiore della Magistratura, al cui vertice vi è il Presidente della Repubblica. Per tale motivo, i pesanti attacchi alla magistratura, provenienti da altri poteri statali, hanno il sapore della beffa, poiché rappresentano vere e proprie aggressioni alla parte più profonda del Paese e che non potranno produrre altro che vinti. La cronaca e la storia italiana degli ultimi vent’anni ci riportano l’esempio di un potere che oramai impari difende sé stesso e il Diritto, contro subdoli abusi di altri.

Ma il Paese non può sperare sempre in queste forme di eroismo silenzioso. La salvezza del popolo italiano non può, pertanto, passare esclusivamente attraverso il lavoro e il sacrificio dei magistrati, delle loro sentenze e della loro azione penale che l’art. 112 della Costituzione prevede come obbligatoria. Principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che la stessa Corte Costituzionale definisce “punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale” (sent. 28 gennaio 1991, n. 88). La ratio della norma è, infatti, riconducibile a tre diversi valori di rango costituzionale: il principio di uguaglianza (art. 3), il principio di legalità (art. 25 comma 2) e il principio dell’indipendenza istituzionale del pubblico ministero.

Seppur tale principio va rivisto alla luce delle conclusioni storiche che si discostano, per certi versi, dalle idee dei padri costituenti, l’art. 112 nacque, innanzitutto, dalla volontà di allontanarsi da un passato autoritario, ove la soggezione dei pubblici ministeri al Ministro della giustizia rendeva nulla la concreta applicabilità del principio. Ancora, la stessa neutrale applicazione del Diritto non può essere confusa come azione politica, solo perché vi è un vuoto enorme nella politica o perché la politica che c’è non ha più alcuna elemento di credibilità. Ad ogni organo dello Stato, dunque, la sua funzione. E se, dunque, come affermava Galileo, in uno dei più celebri drammi del teatro di Brecht, “Felice è il Paese che non ha bisogno di eroi”, disgraziato è quel Paese che quegli eroi non li riconosce, abbandonandoli al più infame dei destini.

Rappresenta, allora, un dovere morale e civile difendere il potere della magistratura e respingere ogni attacco ai poteri dello Stato, qualsiasi essi siano. Il rapporto tra i quali è attualmente teso come corde di violino, così come tesa risulta essere la tempra di uno Stato che costituzionalmente non può riuscire ancora oltre a sopportare questi colpi ormai sanguinanti al cuore stesso della sua esistenza.

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