Gli armatori napoletani ricorreranno al Tar contro la multa da 14 milioni di euro imposta dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ne dà notizia l’Acap (Associazione cabotaggio armatori partenopei) annunciando un “ricorso al giudice amministrativo contro il provvedimento dell’AGCM, per far valere in tale sede i numerosi profili di ingiustizia e illegittimità che – a loro parere – viziano il provvedimento”. “L’Acap – si legge in una nota – accoglie con rammarico e forte preoccupazione”, il provvedimento dell’Autorità e “contesta fermamente che le imprese abbiano attuato un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza; che le imprese abbiano violato gli impegni assunti in esito al procedimento I689, che la stessa AGCM aveva chiuso nel 2009 senza accertare alcuna infrazione delle leggi antitrust”. “Nel corso del procedimento – spiegano gli armatori del golfo di Napoli – l’ACAP ha dimostrato che il settore dei trasporti marittimi nel Golfo di Napoli costituisce un mercato aperto e accessibile, né l’AGCM ha individuato alcuna condotta imputabile alle compagnie private di navigazione che abbia avuto per oggetto o effetto la chiusura del mercato. Analogamente, in materia tariffaria, l’AGCM non ha provato alcuna ‘collusione sui prezzi’. E’ noto che nel mercato del Golfo di Napoli, le tariffe sono state fissate dapprima dallo Stato (mediante la definizione delle tariffe Caremar) e successivamente dalla Regione Campania. Sul punto l’ACAP ha documentato con una perizia redatta da un’economista indipendente che negli ultimi dieci anni le tariffe non hanno mai subito aumento superiore all’inflazione annua programmata. L’importo delle sanzioni irrogate, pari complessivamente ad oltre 14 milioni di euro, appare a dir poco esorbitante. Se applicate – conclude la nota – simili ammende condurrebbero inevitabilmente alla crisi economico-finanziaria per numerose imprese produttive che da decenni contribuiscono allo sviluppo del Paese, versando ingenti tasse e contributi previdenziali e alla perdita di circa 1.000 posti di lavoro”.