Non si spingerà al punto di ribattezzare il Pd ‘W il papa” per contrastare chi, seguaci di Grillo o politici di professione in versione restyling, potrebbe creare il partito ‘W la mamma’. Ma certo, a due settimane dalle amministrative, Pier Luigi Bersani corregge il tiro sui finanziamenti ai partiti e propone un dimezzamento immediato, da 180 milioni attuali a 90. Una proposta, condivisa nella sostanza anche da Pier Ferdinando Casini e da Angelino Alfano, che comunque vedrà la luce tra maggio e giugno, quando si capirà veramente anche il destino della riforma elettorale, per ora ostaggio di sospetti incrociati. A differenza del Pdl, che spinge per una politica finanziata dai privati come negli Usa, il Pd non ha smesso di pensare che il finanziamento pubblico serva “per evitare che la democrazia cada nelle mani del più ricco”.

Ma ora tra le priorità, oltre ad un rafforzamento dei controlli per evitare nuovi casi Lusi o Lega, c’é anche la riduzione dell’entità dei rimborsi “perché – sostiene il segretario Pd – se tutta l’Italia tira la cinghia, la politica deve farlo due volte di più”. Una buona intenzione che in realtà si somma alla necessità, ammessa da tutti, dei partiti di rinnovarsi. “Ai populismi in cerca d’autore – ammette Bersani – non si può contrapporre la sclerosi della politica, alla cattiva politica si deve rispondere con la buona politica e non con l’antipolitica”. La proposta del Pd chiede da subito il dimezzamento del finanziamento pubblico con un tetto alle spese faraoniche delle campagne elettorali. E rivede il meccanismo dei rimborsi, ispirandosi a quanto avviene in Germania: il finanziamento sarà legato al numero dei voti presi alle elezioni politiche e si prevede un’agevolazione pubblica in base all’entità del finanziamento privato, che per il Pd deve essere permesso solo per somme piccole e controllabili dai cittadini. La risposta del Pd al ‘partito dei delusi e degli indecisi’, che nei sondaggi vale il 50 per cento, non passa inosservata tra i colleghi di maggioranza. “Dimezzare i finanziamenti ai partiti ed andare verso un progressivo azzeramento degli stessi é possibile anche con la nostra proposta”, si affretta ad assicurare anche Pier Ferdinando Casini che ha fatto sua la proposta di Pellegrino Capaldo che sostituisce i rimborsi con un contributo volontario e defiscalizzato da parte dei cittadini. E anche Roberto Maroni non manca di osservare che se Bersani vuole dimezzare i finanziamenti, la Lega “vuole azzerarli”. Ma le buone intenzioni restano per ora tali visto che, tra ponti festivi e amministrative, se ne riparla a maggio, se non giugno, per arrivare ad un voto in Parlamento sia sul nodo dei controlli che su quello dei finanziamenti. Rischia, invece, di non vedere mai la luce la riforma del Porcellum, che dopo lo sprint iniziale si è arenata nelle secche con continui rinvii delle riunioni dei tecnici. Bersani sospetta che bisognerà aspettare l’esito dei restyling in corso nel Terzo Polo e nel Pdl. “Spero – spiega – che questo non rallenti la riforma della legge elettorale”. Accuse che il leader Udc gira prontamente ad altri: “Cé un tentativo trasversale che va da desta a sinistra da parte di chi si sta rassegnando e preferisce andare al voto con la legge attuale”. E’ vero che oggi Silvio Berlusconi ha difeso il modello tedesco in discussione, non amato da tutti nel Pdl, ma certo l’ora della verità, come ammette Francesco Rutelli, è a giugno quando tutti i partiti avranno risultati elettorali freschi su cui valutare se una riforma in senso proporzionale convenga davvero a tutti.

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