La campagna contro il femminicidio irrompe al festival con la grazia decisa di Luciana Littizzetto. Un monologo sull’amore di coppia, prima giocoso, “vi amiamo quando mettete in frigo la pentola con la minestra su due mandarini, vi amiamo quando date il peggio perché ti amo è un apostrofo tra le parole è insopportabile, quasi quasi me lo tengo” che poi è diventato una denuncia implacabile contro l’orrore della violenza sulle donne.

“Ogni due-tre giorni un uomo uccide una donna, la uccide perché la considera una sua proprietà. L’amore con la violenza e le botte non c’entra un tubo, un uomo che ti mena non ti ama, un uomo che ti picchia è uno stronzo. Non abbiamo sette vite come i gatti, ne abbiamo una sola: non buttiamola via”. Poi il flash mob, condiviso sul palco con cinquanta ragazze, e oggi nel mondo da un milione di persone, sulle note di Break the Chain. Nell’orchestra sventolavano i fazzoletti rossi, il simbolo di questa campagna di civiltà. Un momento di grande intensità, in cui la Littizzetto ha ricordato il diritto all’amore di tutti, “anche di andare a trovare un malato nel letto di ospedale senza essere cacciate perché non si è sposati”.

 

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