E’ atterrato poco prima di mezzanotte e 30 all’aeroporto di Ciampino l’aereo con a bordo il giornalista Domenico Quirico e lo studioso belga Pier Piccinin, rapito insieme a lui 5 mesi fa in Siria. L’inviato della Stampa sara’ ascoltato oggi in Procura a Roma, prima di raggiungere la sua famiglia a Govone in provincia di Cuneo. Domenico Quirico , in buone condizioni anche se stanco, e’ sceso dall’aereo ed ha abbracciato il ministro degli Esteri Emma Bonino, che lo attendeva ai piedi della scaletta dell’aereo. Quirico indossava un giubbotto grigio chiaro.

Il giornalista ha detto di ‘non essere stato trattato bene’ e di ‘avere avuto paura’, in una breve dichiarazione ai colleghi. Alla domanda di come fosse stato trattato durante la prigionia, Quirico ha abbozzato un sorriso ironico e ha detto ”non bene”. L’inviato ha poi ammesso di ‘aver avuto paura’ e di essere vissuto per cinque mesi ”come su Marte”. Le sue condizioni di salute e psicologiche appaiono comunque ottime. Quirico trascorrera’ la notte a Roma. Domani sara’ interrogato dagli inquirenti e raggiunto nella capitale dalle figlie e dalla moglie. ‘Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana, ma può essere che questa rivoluzione mi abbia tradito. Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa’, ha concluso. Il rilascio si colora dei toni di una gioia senza ombre. In libertà torna anche Pier Piccinin, il cittadino belga rapito con lui.

”La speranza non era mai venuta meno”, esulta il premier Letta nel primo commento da Palazzo Chigi, mentre una nota del Quirinale elogia il ministero degli Esteri e i servizi. “La notizia della liberazione di Domenico Quirico mi riempie di grande gioia e di soddisfazione. Il mio pensiero va prima di tutto ai parenti che potranno finalmente riabbracciare Quirico dopo tanti mesi e numerosi momenti di ansia”, fa eco Emma Bonino. L’odissea di Domenico Quirico – 62 anni, grande esperienza sul terreno dell’informazione internazionale e già vittima di un sequestro lampo nel 2011 in Libia con altri tre colleghi italiani – era cominciata ad aprile di quest’anno mentre l’inviato della Stampa cercava di raggiungere Homs, città martire della rivolta anti-Assad, provenendo dalla frontiera libanese per la sua quarta missione di testimone della feroce guerra civile in Siria. Un’ultima telefonata, il giorno 9, poi se ne erano perse le tracce.

Per oltre venti giorni, i familiari e La Stampa – su raccomandazione delle autorità e al fine di non pregiudicare possibili contatti – avevano mantenuto il più stretto riserbo. Ma il 30, di fronte all’iniziale vuoto d’informazioni, il giornale aveva reso noto l’accaduto. Il silenzio, durato a lungo malgrado i contatti subito attivati dalla Farnesina e dai servizi d’intelligence, aveva fatto temere il peggio. Ma la sua famiglia, il suo giornale e lo stesso governo italiano non hanno mai abbandonato le speranze. Specialmente dopo che a giugno la moglie aveva potuto sentirne la voce, da quella sorta di oltretomba in cui era stato inghiottito. Nelle ultime settimane il ministro Bonino si era mostrata ”cautamente fiduciosa”, anche rispetto al caso parallelo del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, scomparso a sua volta in Siria a luglio. “Resto non soltanto determinata, ma anche fiduciosa – aveva ribadito ancora a fine agosto – perché da quelle parti le cattive notizie si sanno subito”.

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