BENEVENTO – Il 5 febbraio alle ore 10,00 la Dirigente Scolastica Teresa Marchese ed il dipartimento di storia e filosofia del Liceo Scientifico Rummo coordinato dalla prof.ssaTeodolinda Cennamo nella persona del prof. Diodoro Cocca accoglieranno le sorelle Andra e Tatiana Bucci nei locali della Parrocchia dell’Addolorata gentilmente messi a disposizione dal parroco don Michele Villani per consentire ai docenti ed agli alunni di divenire “testimoni dei testimoni”.
Andra e Tatiana Bucci furono deportate da Fiume ad Auschwitz quando avevano- rispettivamente- solo quattro e sei anni. Furono liberate il 27 gennaio del 1945 e trasferite a Praga, ma riuscirono a ritrovare la loro infanzia solo molto tempo dopo, nei nove mesi trascorsi a Lingfield con Alice Goldberger nel centro di accoglienza. Alice, come scrive Titti Marrone nel suo “Meglio non sapere” edito da Laterza, ebbe il compito immane di “inventare la vita insieme ai piccoli”. Sarà un intreccio del destino a riunire le bambine alla famiglia nel dicembre del 1946 dopo aver salutato gli altri 22 bambini ospiti di Lingfield.
Gli alunni del Liceo si sono preparati all’incontro sia con la lettura del testo della Marrone- che racconta la storia delle sorelle Bucci e del loro cuginetto, Sergio De Simone, divenuto a soli sette anni cavia per orribili esperimenti sulla tubercolosi a Neuengamme, per mano del dottor Heissmeyer- sia con approfondimenti storici, filosofici e letterari.
Il 20 gennaio del 1942, la terribile data della Conferenza di Wannsee in cui venne decretata la Endlösung è anche la data attorno a cui ruota tutta l’opera di Paul Celan da cui si è partiti per parlare dell’“intaccabile testimonianza”. Il suo tentativo di restituire la voce a chi non ha più voce con la poesia che nell’incontro della parola anima il mantice del respiro ha ispiratoValeria Pucillo, alunna della classe V B, al termine dei lavori in preparazione all’incontro nell’affermare: “La loro voce, un cristallo di fiato, deve servire per conoscere: comprendere è impossibile. È un dovere sapere, siamo i testimoni dei testimoni.” E’ con tale spirito che attendiamo il dono.
[…] Al fondo
del crepaccio dei tempi
nel
favo del ghiaccio
attende, cristallo di fiato,
la tua non intaccabile
testimonianza. (Paul Celan)
Quel che là attende qualcuno si trova ancora profondamente nascosto: Tief in der Zeitenschrunde, «Al fondo del crepaccio dei tempi». (…) E’ una frattura nel flusso uniforme del tempo in un luogo dove il tempo non scorre più poiché anch’esso, come tutto, è fermo in un’eternità immobile. Là, beim Wabeneis, «nel favo del ghiaccio», (…) wartet, «attende», il poema, lo Atem-kristall, il «cristallo di fiato». Certamente in questa immagine bisogna avvertire il contrasto che vi è tra le pareti di ghiaccio costruite tutte intorno e il minuscolo cristallo di fiato, quest’essere di brevissima durata dovuto a un miracolo geometrico, questo minuscolo fiocco di neve che turbina da solo nell’aria in una giornata invernale, (…) unumstößliches Zeugnis, «testimonianza non intaccabile». E colui per il quale il «cristallo di fiato» testimonia (la «tua» testimonianza) sei «tu», quel familiare e sconosciuto che per l’io – che qui è sia l’io del poeta che quello del lettore – è il suo tu «tutto, tutto reale» [ganz, ganz wirklich].
Hans Georg Gadamer, Chi sono io, chi sei tu. Su Paul Celan, cura e traduzione di Franco Camera, Genova, Casa Editrice Marietti, “Collana di Filosofia”, I ed., 1989, pg. 77-80.