E’ rimasto sette mesi, da aprile a novembre, col suo equipaggio sulla nave commerciale sotto i mitra puntati dai pirati che avevano sequestrato la ”Rosalia D’Amato. Il comandante Orazio Lanza, 59 anni, messinese, parla per la prima volta e racconta la sua odissea e quella dei suoi uomini.

”Sono stato prigioniero dei pirati somali – dice – Un’odissea interminabile in cui piu’ volte ho temuto di morire. ”La nave, dell’armatore Perseveranza Spa, che di solito trasporta grano o carbone, era partita dal Brasile diretta in Iran trasportando olio di soia. Il 21 aprile mentre navigavamo nelle acque somale alle 4,30 del mattino abbiamo notato un’imbarcazione con persone a bordo che hanno prima sparato alcuni colpi e poi velocemente sono saliti a bordo e si sono impossessatati della nave. Alcuni di noi si sono rifugiati nella ‘cittadella’ una parte della nave vicino alla cabina di guida che ha una doppia porta blindata e dove i pirati difficilmente riescono ad entrare, ma non siamo riusciti a metterci tutti in salvo, alcuni sono stati bloccati dai pirati sul ponte. A quel punto tutti siamo usciti per accorrere in aiuto dei compagni e siamo stati presi in ostaggio. Prima dell’abbordaggio abbiamo lanciato la richiesta di Sos a tutte le navi in zona poi al centro operativo di Roma e all’armatore. I pirati inizialmente erano sei poi sono diventati 14 ed erano tutti armati mentre noi eravamo 21 persone disarmate. Non avevamo nemmeno agenti di sicurezza a bordo perche’ la normativa italiana fino al 10 ottobre non permetteva al nostro tipo di navi di avere militari o vigilanza privata a bordo, poi la legge e’ cambiata ed ora e’ possibile avere militari a bordo. Ci hanno quindi raccolto sul ponte di comando e ci hanno portato con la nave a sud della Somalia”. Lanza racconta che l’equipaggio era libero di camminare sul ponte e di effettuare le manutenzioni. Sulla nave si mangiava poco: lui e’ dimagrito 28 chili il primo ufficiale 22 chili ”Potevamo fare la doccia ogni sei giorni – racconta – A bordo c’erano altri italiani, uno di Marsala, due di Procida, uno della provincia di Napoli e un napoletano residente in Belgio. Ci davamo coraggio l’uno con l’altro, le trattative sono state lunghe e venivano portate avanti da un negoziatore a bordo che parlava con il nostro armatore che e’ stato bravissimo: era in contatto con i nostri familiari e la Farnesina aggiornandoli sulle nostre condizioni. Tutto si e’ sbloccato quando e’ cambiata la normativa che permette l’utilizzo di militari a bordo e ha trasformato il reato dei pirati considerandolo come un atto di terrorismo. Le trattative a quel punto hanno preso un accelerazione e grazie al nostro armatore siamo stati liberati. Non so se e’ stato pagato un riscatto. Ad un certo punto senza dirci niente e senza salutarci il 25 novembre scorso i pirati hanno abbandonato la nave”. ”Dopo 20 minuti – prosegue – abbiamo avvisato la nave militare Italiana Andrea Doria che non potendo intervenire nelle acque territoriali somale ci ha invitato a muoverci o poi con l’elicotteri e’ intervenuto il battaglione San Marco che ha preso possesso della nave e ci ha dato il primo soccorso”. ”In quello specchio d’acqua – dice Lanza – c’e’ sempre pericolo: quando eravamo prigionieri li’ c’erano 500 persone in ostaggio e 13 navi sequestrate. I pirati somali sono solo povera gente sfruttata da qualcuno di potente che li finanzia e li arma”. ”Mi sto riprendendo piano piano – conclude – sono felice di poter passare qui il Natale con i miei cari. Durante il periodo in cui ero ostaggio ero riuscito a comunicare solo poche volte con loro. Per il mio comportamento in quella situazione mi hanno dato due riconoscimenti due targhe: una mi e’ stata consegnata direttamente dall’ammiraglio Maltese comandate della flotta Nato. Spero ora che preso venga liberata l’altra nave italiana sequestrata dai somali: chiedo ai membri dell’equipaggio di non disperare e di attendere fiduciosi e faccio un appello ai familiari dei sequestrati affinche’ non facciano manifestazioni o altre forme di protesta che potrebbero irritare i pirati”.

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