
di Mario De Michele
In una piccola realtà come Cesa, di appena 10mila abitanti, la classe dirigente, ovvero la squadra di governo, cioè l’amministrazione comunale, si distingue per la capacità di guardare lontano nei settori nevralgici del tessuto connettivo del territorio. Con la pioggia di finanziamenti del Pnrr sono bravi tutti a limitarsi alle infrastrutture, a fare strade, parchi e a colorare i pali della pubblica illuminazione in stile pop art. Basta recarsi nelle città limitrofe come Sant’Arpino, Succivo e Carinaro per toccare con mano che in pochi anni sono diventate dei gioiellini. I continui tagli di nastro laico-religiosi, con la presenza fissa del sindaco Enzo Guida e del parroco don Giuseppe Schiavone, rientrano nell’alveo della propaganda. Legittima, per carità. È fisiologico che la maggioranza esponga la propria merce. Si potrebbe avere da ridire sull’eccessiva enfasi, ma anche l’ampollosità rientra nel gioco delle parti. Ormai la politica è ridotta a una ribalta dove vanno in scena le opere tragicomiche del potere.
In questa messinscena però manca la sostanza, non si appalesa il vero fine ultimo dell’azione amministrativa: creare le condizioni per lo sviluppo economico, sociale e culturale. Un fine che contiene come precondizione essenziale una visione politica, l’attitudine a disegnare una prospettiva di medio-lunga portata per il paese. Guida e company hanno fatto tanto in termini di gestione ordinaria. Ma proprio in ciò sta il loro fallimento. Si sono limitati al compitino. Sono i protagonisti di un’amministrazione di respiro corto. La corsa febbrile al taglio del nastro ha condotto la giunta in un orizzonte breve, quello del “fare per il fare”. Mentre sarebbe servita una programmazione politica del “fare per trasformare e crescere”. Non una trasformazione estetica, percepibile a prima vista. Ma un cambiamento profondo, proiettato verso un futuro di accrescimento complessivo, a partire dall’economia locale, con misure concrete di rafforzamento del comparto, e dall’innalzamento del livello socio-culturale, con iniziative durevoli e effettivamente impattanti.
La logica delle “mille cose belle” è speculare a quella delle “mille bolle blu”, destinate a disperdersi nell’aria in un secondo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Cesa non ha preservato e quindi non possiede alcuna vocazione. Non è una città produttiva, non è una città agricola, non è una città del terziario. È una città senz’anima. Questa è la realtà che vivono gli abitanti. Il bombardamento social e mediatico di Guida ha lo scopo di avvolgere questa realtà in una bolla cognitiva. Ma è un tentativo vacuo. Col passare del tempo il velo di Maya diventa frusto, liso. E si squarcia, per dirla con Schopenhauer. Il mondo vero prende il sopravvento sulla rappresentazione e sulla narrazione che si cerca miseramente di dare di esso. Ed ecco che a Cesa non ci sono stabilimenti produttivi, opifici, “realtà”, appunto, che creano lavoro e sviluppo. Ed ecco che a Cesa l’agricoltura è stata sacrificata al cemento, come dimostra il Puc dei nuovi 400 alloggi. Nel settore agricolo la distanza tra realtà e narrazione è agevolmente dimostrabile: le tanto pubblicizzate alberate del vino asprinio quale riflesso positivo hanno avuto sul territorio? Quante ne sono? Quanto vino viene prodotto? Quali guadagni porta ai viticoltori? Gli agricoltori vi risponderanno che è soltanto fuffa mediatica. L’Asprinum Festival, egregiamente organizzato dai membri della Pro Loco, è certamente una lodevole iniziativa. Ma inizia e finisce lì. Porta benefici per tre giorni. Cotto e mangiato. Poi arrivederci e grazie. Per non parlare delle famose grotte di Cesa. Quanti visitatori ci sono durante l’anno? Si contano col pallottoliere. Che ritorno economico implicano? Nessuno.
Ecco il fiato corto. Ecco l’orizzonte breve. Ecco la logica dei tagli di nastro laico-religiosi. In 10 anni si è fatto ancora peggio per il commercio. Non si è puntato sui piccoli esercenti locali. È nata la Conad. Viva Marican e la famiglia Canciello. A morte i commercianti di Cesa. Anche qui la narrazione di Guida si scontra con la realtà. Il parco giochi davanti al centro commerciale con la scritta “Solo cose belle” sarebbe il ristoro per i cittadini. E come sono stati ristorati i bottegai, i piccoli rivenditori locali? Con l’inesorabile chiusura dell’attività. Però, dall’alto della loro magnanimità, il sindaco e gli assessori non si dimenticano dei pochi sopravvissuti, i reverant, citazione di Inarritu dedicata all’esperto di cinema Cesario Oliva. Lo scorso 8 aprile, l’esecutivo ha approvato due delibere, la n. 108 e la n. 109 (link in basso). Nella prima si rinnova il progetto “Benvenuti a Cesa” che, si legge nel provvedimento, “consiste nella consegna ai nuovi residenti di “voucher non convertibili” spendibili esclusivamente all’interno dei circuiti commerciali del Comune di Cesa. Tale iniziativa è rivolta ai nuovi residenti e tende anche ad incentivare la circolazione dell’economia nello stesso contesto locale, rilanciando gli esercizi commerciali. Il valore del voucher è pari ad euro 20 ed è spendibile presso i negozi convenzionati con il Comune di Cesa che aderiscono all’iniziativa”. Se abbiamo ben compreso, il commercio locale si rilancia con voucher di 20 euro che i nuovi residenti spenderanno nei negozi. Quante nuove residenze si registrano a Cesa in un anno? Se fossero 250 all’anno, il totale dei voucher ammonterebbe a 5mila euro, divisi tra gli esercizi commerciali locali sarebbero spiccioli.
Anche l’altra delibera si risolve nell’elargizione di elemosina agli esercenti. Si tratta del progetto “Nuovi Nati” che – recita un passo dell’atto – “prevede, per ogni nuovo nato a Cesa, la possibilità di usufruire di sconti, per un periodo massimo di mesi dodici, da utilizzare presso le attività economiche di diverso tipo aderenti all’iniziativa, oltre alla donazione, da parte dell’Amministrazione Comunale, ad ogni bambino “nuovo nato” di una pergamena augurale dove il nuovo cittadino viene ricordato con il suo nome, cognome e data di nascita”. In questo caso è particolarmente utile la consegna della pergamena, da portare sempre con sé, qualora da adulto il “nuovo nato” dovesse dimenticare nome, cognome e data di nascita. Non si sa mai.
Riecco affiorare lo scarto tra realtà e apparenza, tra mondo e rappresentazione, tra verità e autopromozione. Preso dalla sfrenata campagna pubblicitaria Guida ha perso il senso della misura. Durante una messa delle festività pasquali è salito sul pulpito della chiesa San Cesario per predicare ai fedeli le “tante cose belle” fatte dall’amministrazione comunale. In un luogo di culto mischiare il sacro e il profano è un po’ troppo. Anche a Cesa. Don Peppino Schiavone dovrebbe impedire commistioni blasfeme. Dio cura le anime. I voti alle comunali riguardano le miserie umane.