di Mario De Michele*

I cattivi stiano tranquilli. Non è un ritorno. Mai come in questo caso avrei dato tutto per non scrivere queste poche righe. L’ottimismo del cuore ha però prevalso sul pessimismo della ragione. E quindi mi trovo qui davanti al monitor con gli occhi velati dalle lacrime e la testa piena di ricordi lontani, ma vividi come se fosse ieri, per dare l’ultimo saluto a Vincenzo Massaro, un uomo straordinario che ha inciso tanto nella mia formazione personale e politica, ai tempi dei miei 20 anni (1992). Ha lasciato parenti e amici il 28 novembre. Prima di oggi non sono stato in grado di raccogliere i miei pensieri per commemorarlo come meritava. Ai polpastrelli delle dita non arrivava l’input di pigiare sulla tastiera. Tutte le parole del mondo mi apparivano insufficienti per descrivere cos’ha rappresentato per me.

Per tutti Vincenzo è stato per mezzo secolo l’incarnazione del Pci e di Rifondazione comunista di Cesa. Ha ricoperto sia a livello locale che provinciale, cariche politico-amministrative di primissimo piano. Eppure, a differenza di altri, anche nel mondo comunista, non ha mai perso il contatto con la gente, in primis con i lavoratori. Sempre lì pronto a raccoglierne le istanze, a cercare soluzioni, a offrire il sostegno della sezione. All’epoca di Vincenzo Massaro i partiti erano espressione del tessuto connettivo della società. Luoghi di confronto, di discussione, di crescita sociale e culturale. Non come oggi, ridotti a simboli, a volte anche solo virtuali, distanti anni luce dai territori. Vincenzo ha conosciuto di persona statisti come Berlinguer, Paietta, Ingrao, Iotti, Lama, Napolitano (foto in basso). Era amico fraterno del compianto onorevole Angelo Iacazzi, storico punto di riferimento del Pci regionale e casertano. Un’altra era geopolitica. Oggi nella coalizione che sostiene il governo giallo-rosso “spiccano” uomini come Di Maio, Renzi, Zingaretti, che quando la politica era una cosa seria non avrebbero ottenuto nemmeno l’incarico di attaccare i manifesti di partito. Nel centrodestra circolano “politici” come Salvini, Meloni e Berlusconi, parodie di se stessi.

Ricordo, davvero come se fosse ieri, che grazie a Massaro e ad Alberto Marino ho fatto il “grande salto” nell’alveo comunista. Una scelta che destò “scandalo” a Cesa. Io, con una famiglia di democristiani potentissimi, che rifiuto la casacca con lo scudocrociato. Due miei zii erano stati sindaci Dc, Nicola e Vincenzo, quest’ultimo anche assessore del comune di Napoli. Da solo non ce l’avrei fatta. Anche perché, proprio per la mia provenienza familiare, ero guardato con diffidenza nella stessa costellazione comunista. Invece il compagno Massaro, uomo che sprizzava vitalità da tutti i pori, con il sorriso sul viso e dalla battuta ironica sempre pronta, mi accolse con affetto e stima senza pregiudizi, senza porsi sul piedistallo. Lui, maestro di vita e di politica, e io, giovane studente universitario, istaurammo un magnifico rapporto personale. E anche quando avemmo visioni politiche diverse la stima e l’affetto reciproci non si incrinarono mai. Poi, come avviene spesso nella vita, ci siamo persi di vista. Gli anni si sono fatti sentire pure per lui che era una roccia. Io scelsi di abbandonare la politica per il giornalismo (la prima non ha perso nulla, il secondo non ha tratto alcun beneficio).

Ma il mio legame con Vincenzo Massaro è rimasto sempre solido come un cavo d’acciaio. Il filo rosso che ci univa non si è mai spezzato. Nemmeno ora che ci ha lasciato. Persone come lui non muoiono mai.

*Direttore Editoriale di Campania Notizie

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