Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, punta il dito contro l’eccessivo ricorso alla presentazione di emendamenti, spesso fuori contesto, ai decreti da trasformare in legge. Una prassi, ha messo in evidenza in una lunga e articolata lettera indirizzata ai presidenti dei due rami del Parlamento

e al Presidente del Consiglio, che mette la legislazione a rischio di bocciatura da parte della Corte Costituzionale. In particolare, Napolitano è intervenuto in relazione agli emendamenti al decreto Milleproroghe 1. Sul quale, tra l’altro, il governo oggi è stato battuto due volte. Nella lettera il capo dello Stato richiama l’attenzione sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012 che ha, per la prima volta, annullato disposizioni inserite dalle Camere in un decreto-legge nel corso dell’esame del relativo disegno di legge di conversione. Lo ha annunciato il presidente della Camera Gianfranco Fini, leggendo il testo della missiva in Aula. “Sottopongo alla vostra attenzione – scrive il presidente nella lettera inviata a Fini, Schifani e Monti -, in spirito di leale collaborazione istituzionale, la necessità di attenersi, nel valutare l’ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti, a criteri di stessa attinenza allo specifico oggetto degli stessi e alle relative finalità”, “anche adottando – se ritenuto necessario – le opportune modifiche dei regolamenti parlamentari, al fine di non esporre disposizioni, anche quando non censurabili nel merito, al rischio di annullamento da parte della Corte costituzionale per ragioni esclusivamente procedimentali ma di indubbio rilievo istituzionale”. “Anche in occasione del recente decreto-legge ‘milleproroghe’ 29 dicembre 2011, n. 216 sono stati ammessi e approvati emendamenti che hanno introdotto disposizioni in nessun modo ricollegabili alle specifiche proroghe contenute nel decreto-legge, e neppure alla finalità indicata nelle premesse di garantire l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa. Le disposizioni così introdotte, se in possesso dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza, avrebbero dovuto trovare più corretta collocazione in un distinto apposito decreto-legge”. “Come è noto – ricorda Napolitano -, il Capo dello Stato non dispone di un potere di rinvio parziale dei disegni di legge e non può quindi esimersi dall’effettuare, nei casi di leggi di conversione, una valutazione delle criticità riscontrabili in relazione al contenuto complessivo del decreto-legge, evitando una decadenza di tutte le disposizioni, comprese quelle condivisibili e urgenti, qualora la rilevanza e la portata di queste risultino prevalenti”. Il richiamo del capo dello Stato porta scompiglio tra i gruppi parlamentari. Subito dopo la comunicazione in aula del presidente della Camera, si è creato in transatlantico un capannello con i vertici parlamentari del Pd. Ci sono, tra gli altri, il capogruppo Dario Franceschini, il vicecapogruppo Michele Ventura, il presidente del Copasir Massimo D’alema, il responsabile organizzazione Sergio D’antoni. L’oggetto della discussione, captata dall’agenzia Dire, è il significato politico del messaggio di Napolitano. La prima interpretazione dei democratici è chiara: “Il messaggio è che d’ora in poi i testi che arrivano dal governo non si toccano più”. In particolare, discutono i deputati del Pd, sarà difficile chiedere un intervento su un capitolo a titolo di bilanciamento per le misure adottate su un’altra posta. Come fare a circoscrivere l’ambito di intervento dei gruppi parlamentari, quando, ad esempio, una misura sui farmaci può ‘compensare’, in un’ottica politica, interventi su altri capitoli? Un ulteriore esempio di questo ragionamento lo ha offerto oggi lo stesso Pier Luigi Bersani, quando in conferenza stampa ha detto: “Se abbassiamo il prezzo dei farmaci liberalizzandoli, diamo più soldi ai pensionati”.

 

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