Umberto Bossi si è dimesso. A vent’anni esatti dalle elezioni del 5 aprile del ’92, prima vera vittoria politica della Lega Nord con 55 seggi in parlamento, Bossi si è dimesso da segretario federale del carroccio per diventare presidente del movimento. Un incarico – affidatogli nel pomeriggio dal consiglio federale riunito in via Bellerio –

che suona un po’ come una concessione dell’onore delle armi al padre fondatore. “Chi sbaglia paga qualunque sia il cognome che eventualmente porti”, avrebbe detto pronunciando quella che sembra un’ammissione di colpa. “Mi dimetto per il bene del movimento e dei militanti. La priorità è il bene della Lega e continuare la battaglia. Ora io sarei d’intralcio e Maroni non è un traditore”, ha aggiunto il Senatur. Che non scomparirà, ha detto poi. Anzi. “Il fatto che io abbia dato le dimissioni non vuol dire che io scompaia. Se lo scordino. Resto nella Lega, da ultimo sostenitore o da segretario io resto sempre a disposizione della causa”, ha affermato alla Padania l’ormai ex segretario del Carroccio. “Da domani, mi chiameranno militante. Anzi, no. Semplice simpatizzante”.

La notizia, insieme alle altre in arrivo dalla procura di Milano, ha dato il colpo di grazia alla leadership sempre più in bilico del Senatur, piombando su un partito già alle prese con lo shock delle prime rivelazioni sul contenuto delle inchieste giudiziarie. Nella sede del partito erano presenti oltre a Bossi, Maroni, Calderoli, Mauro, Belsito, Castelli e Salvini. All’esterno si è radunata invece una piccola folla che con grida e striscioni voleva espirimere solidarietà al leader. Una volta appresa la notizia delle dimissioni la gente ha fatto irruzione nel cortile della sede urlando cori a sostegno del leader: “Bossi non mollare”, “Bossi-Bossi” e ancora “Butta fuori i traditori”.

Alla sua uscita da via Bellerio, contro l’ex ministro dell’Interno sono partiti cori “buffone, buffone” mentre gli venivano gettati sulla macchina dei volantini con riferimenti al ‘bacio di Giuda’ e foto di un abbraccio di ‘Bobo ad Umberto’. Ma Bossi a fine giornata lo ha difeso: “Maroni non è un traditore”. La decisione. “C’è stata grande commozione quando Bossi ha parlato. Gli abbiamo chiesto di rinunciare ma è stato irremovibile”, ha raccontato Maroni. L’ex ministro dell’Interno nel corso della riunione avrebbe anche proposto al leader di candidarsi a segretario in occasione del prossimo congresso e di fare affidamento sul suo sostegno. Se le dimissioni sono state definite da Bossi stesso “irrevocabili”, l’ex tesoriere Francesco Belsito ha ribadito invece: “Non è colpa mia. Non ritengo di aver mai mal agito”.

Le nomine. Il partito ha deciso di sostituire il leader con un triumvirato di reggenti composto da Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Manuela Dal Lago, che dovrebbe restare in carica fino alla convocazione del prossimo congresso, probabilmente in autunno. Il nome della deputata veneta sarebbe spuntato all’ultimo momento per la formazione del ‘comitato’ al posto di quello del segretario della Lega Lombarda Giancarlo Giorgietti. La scelta della ex presidente della provincia di Vicenza verrebbe incontro alla necessità di rappresentare l’ala veneta del partito, comunque in minoranza rispetto ai lombardi Maroni e Calderoli. Il carroccio, differentemente da quel che generalmente si pensa, è più forte in Veneto che in Lombardia. “Bossi ci ha indicato ancora una volta la strada – ha detto Dal Lago – andremo al congresso federale perché insieme a lui vogliamo rilanciare il partito e riprendere la nostra strada”.

Il consiglio federale ha quindi nominato Stefano Stefani nuovo amministratore. Il deputato, non a caso veneto, appare equidistante dalle fazioni interne e fedelissimo ad Umberto Bossi. Nuovi componenti del Comitato amministrativo federale saranno la maroniana Silvana Comaroli e Roberto Simonetti. Quest’ultimo è presidente della provincia di Biella in rappresentanza del Piemonte e dell’area vicina a Roberto Cota. Revisione dei conti. Il consiglio ha poi deliberato “la richiesta che il comitato amministrativo federale sottoponga immediatamente a una società di revisione dei conti esterna la certificazione della situazione patrimoniale della Lega Nord”. Una scelta, quest’ultima, enfatizzata dallo stesso Maroni.

“Adesso ci mettiamo al lavoro per fare pulizia, andando a guardare i conti e aprendo tutti i cassetti”, ha detto l’esponente leghista. “E’ importante anche – ha aggiunto – che sia stato dato incarico a una società di revisione esterna per la verifica patrimoniale”. Le nuove rivelazioni. La drammatica decisione del leader è arrivata sulla scia di un stillicidio di nuove rivelazioni su quanto accertato dalle tre procure che indagano sui conti della Lega. La magistratura di Napoli, ad esempio, ha scoperto che nella cassaforte di Belsito sequestrata ieri a Montecitorio c’era anche una cartella con l’intestazione “The family”.

L’ipotesi degli investigatori è che i documenti siano relativi alle elargizioni ai familiari di Bossi. Gli atti sono all’esame dei pubblici ministeri di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock. Trovato anche un carnet di assegni che reca la scritta “Umberto Bossi”. Il libretto sarebbe stato rilasciato dalla sede genovese della banca Aletti dove sono versati i contributi elettorali della Lega. Gli inquirenti ritengono che dal conto, gestito dal tesoriere finito sotto inchiesta, provengano le somme destinate a spese personali di familiari di Bossi. Nella cassaforte sono state inoltre trovate ricevute che documenterebbero spese affrontate per le esigenze di vario genere di familiari del leader del Carroccio.

Le reazioni politiche. “Seguiamo il travaglio della Lega con grandissima attenzione e solidarietà, al di là delle profonde differenze politiche attuali”, ha detto il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto. “Bossi ha segnato un’epoca e ha costituito una delle più rilevanti novità politiche dall’inizio degli anni 90 ai giorni nostri”. Per Antonio Di Pietro le dimissioni del Seantur sono “in parte un atto dovuto, dall’altra un atto da rispettare”. Nessun commento invece da Roberto Formigoni: “Sono notizie che colpiscono, non credo che ora sia possibile commentare e vedremo come si evolverà la situazione”, ha detto il presidente della Regione Lombardia, “la maggioranza in Regione però tiene bene”. L’ex tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito si è detto “dispiaciutissimo” delle dimissioni, mentre il sindaco di Verona Flavio Tosi è arrivato direttamente a Maroni: “Sarebbe un buon segretario”, ha detto ad Otto e mezzo, “perché gode di ampi consensi nella Lega e nel Paese”.Per Tosi è “possibile” che il segretario non sappia ciò che fa il tesoriere: “Il segretario si fida del tesoriere”.

In rete. Su Facebook toni critici verso il quartier generale del carroccio. Rabbia, per il ciclone che ha investito la Lega con i suoi vertici e chi ne ha gestito i conti, ma anche speranza dopo la notizia del nuovo incarico di Maroni alla guida del partito con Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. Fra i post dei leghisti: “Leggo che Maroni è stato contestato al grido di ‘buffone’ all’uscita da Via Bellerio. Se fosse vero significa che c’è più marcio di quanto pensassi. Le idee sopravvivono agli uomini e Umberto Bossi sarà sempre nei nostri cuori. Forza Lega!”. “Quel che dà fastidio – recita un post – è che a pagare sia solo Bossi e non la banda di biscazzieri che ha fatto affari alle sue spalle. Fuori i maneggioni che hanno rovinato Bossi e la Lega! E’ inutile ripartire se non si fa pulizia completa!”.

Pulizia è il mantra ripetuto dal popolo verde sul social network: “Pulizie velocissime e che non lascino indietro niente. Fra un mese si vota”. C’è chi nella base leghista stentano a riconoscere nel Senatur: “Il capo dei tempi d’oro avrebbe preso a calci quei maneggioni… Sono loro i responsabili di questa situazione, non Umberto!”.

 

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