Sembra non avere niente a che fare col vandalismo l’incendio scoppiato al Provveditorato agli Studi di Salerno. Era un attentato mirato frutto di una precisa strategia criminale che puntava ad un obiettivo in particolare: distruggere le tracce di una colossale farsa, eliminare le possibili prove di una serie di falsi costruiti a tavolino. È questa l’ipotesi principale per spiegare quanto avvenuto lo scorso due dicembre – una domenica mattina – all’interno degli uffici del Provveditorato. Il rogo, le fiamme, fumo nero, nessun furto, tanti sospetti nel palazzone di Fuorni, un edificio sul quale ora ha acceso i propri riflettori la Procura di Napoli. Un’inchiesta tutta partenopea sui diplomi da assegnare agli aspiranti insegnanti di sostegno, che devia improvvisamente su Salerno, proprio alla luce delle fiamme dolose di otto giorni fa. Un puzzle che parte da Napoli e che trova nel palazzo di via Monticelli a Salerno una delle sue tessere principali. Un’inchiesta sui diplomi facili, o meglio, su veri e propri diplomifici che consentono con troppa facilità a tanti aspiranti prof di accedere alla graduatoria e ambire all’insegnamento.

 

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