Non sarà stato lo scrigno dei segreti ma, secondo i magistrati napoletani, i documenti che conservava sono “utili all’indagine”. Grazie anche al via libera della Lega Nord, le procura milanese e partenopea, che insieme a quella di Reggio Calabria
stanno indagando sulla gestione economica del partito di Bossi, in poche ore hanno ottenuto dal presidente di Montecitorio Gianfranco Fini l’autorizzazione ad aprire la cassaforte del tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, custodita in un ufficio della Camera. Lo stesso Belsito, ieri, aveva consegnato la chiave agli inquirenti. Francesco Belsito avrebbe prelevato dalle casse del partito oltre 200 mila euro per le spese personali dei figli di Umberto Bossi. E’ quanto emergerebbe, secondo indiscrezione, dagli atti dell’indagine. Belsito inoltre avvrebbe dato fondi al sindacato fondato da Rosi Mauro. Oggi è stato il giorno della ricerca di nuovi riscontri alle accuse e dell’incrocio delle testimonianze. Da ieri sera, nelle stanze del palazzo di giustizia di Milano, i magistrati di casa e gli ospiti di Napoli e Reggio Calabria si sono ‘scambiati’ i posti davanti ai testimoni, in particolare alla segretaria di Umberto Bossi, Daniela Cantamessa, e a Nadia Dagrada, dirigente amministrativo e responsabile del settore gadget della Lega. Figura centrale delle tre inchieste è il tesoriere (da ieri ex) Belsito, accusato, fra l’altro, di riciclaggio, appropriazione indebita, truffa ai danni dello Stato. Oggi il suo difensore, l’avvocato Paolo Scovazzi, lo ha definito “tranquillo, anche se è molto giù. Ma non si dà per vinto in quanto è molto combattivo”. I magistrati sospettano che Belsito abbia utilizzato il denaro del partito – ottenuto anche con finanziamenti pubblici come i rimborsi elettorali – pure per operazioni che niente hanno a che vedere con gli interessi del Carroccio. L’attenzione delle procure si sta concentrando su alcune iniziative economiche fatte da Belsito con società di imprenditori a lui legati e sul trasferimento in Tanzania e a Cipro di fondi della Lega – si parla di sei milioni di euro – nel quale risulta coinvolto un personaggio legato alla ‘ndrangheta. Si tratta di Romolo Girardelli che oggi, in un’intervista, ha detto di non aver “segreti” e di non conoscere “gli affari di Belsito”. I magistrati sospettano però che i fondi possano essere stati utilizzati, fra l’altro, per ristrutturare la casa di Bossi a Gemonio e per finanziare la campagna elettorale regionale di suo figlio Renzo; un capitolo riguarderebbe anche la vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Gli interessati hanno smentito: Bossi jr si è detto “sereno”. “Non ho mai preso soldi dalla Lega, né in campagna elettorale e neppure adesso da consigliere regionale”, ha spiegato. “Anche la mia famiglia – ha aggiunto – di soldi dalla Lega non ne ha mai presi, per esempio deve finire ancora di pagare la ristrutturazione della casa di Gemonio, perché i lavori sono stati fatti quando papà era ancora in ospedale” nel 2004. Renzo Bossi ha anche cercato di difendere Bolsito: “Non è che l’amministratore ha sempre fatto quello che voleva, perché è sempre stato controllato, quindi non ci sono bilanci opachi: c’é un Consiglio Federale che è a conoscenza dei bilanci della Lega, anche di tutti i gruppi parlamentari e regionali”. Categorica Rosi Mauro, la pasionaria: “Le accuse nei miei confronti sono del tutto infondate”. I magistrati, però, vanno avanti e si dicono “fiduciosi”. “Capire il sistema non sarà agevole – ha spiegato il pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo – anche se confidiamo in risultati rapidi”. I primi potrebbero arrivare dalla cassaforte. Come pare suggerire il procuratore aggiunto di Napoli, Francesco Greco: è stata trovata documentazione contabile, ha detto, “che si presenta utile al prosieguo dell’indagine”. Francesco Belsito, l’ex tesoriere della Lega indagato a Milano per appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato, avrebbe prelevato dalle casse del partito oltre 200 mila euro per le spese personali dei figli di Umberto Bossi. E’ quanto emergerebbe, secondo indiscrezione, dagli atti dell’indagine.