Dal 7 febbraio sono trascorsi quasi un tre mesi e mezzo. Nel frattempo è stato stilato il vademecum e il sindaco Enzo Guida ha tenuto diversi incontri con i proprietari degli immobili. Ma, a quanto ci risulta, finora il comune di Cesa non ha ancora rilasciato nemmeno uno straccio di cambio di destinazione d’uso per trasformare gli uffici ricadenti nelle aree D in case per civile abitazione. Strano. Non per noi che lo andiamo dicendo e scrivendo da sempre. L’ennesima promessa della fascia tricolore non sarà mantenuta neppure stavolta. Non è altro che una trappola elettorale per conquistare i voti dei residenti del parco Serena in via Matteotti, di quello Pelliccia in via René Guénon e di quelli sorti nei pressi del ponte di Sant’Antimo-Cesa. Da questa zona partirono le truppe cammellate nella seconda giornata delle comunali del 2020, inondando di preferenze la lista Nuova Primavera Cesana capeggiata da Guida. Se non ricordiamo male la sezione n. 8 ribaltò l’esito delle urne consentendo la riconferma del sindaco uscente.

A 5 anni dal voto, in piena campagna elettorale per le amministrative del 2026, Guida ha nuovamente estratto dal cilindro il cavallo di battaglia della trasformazione delle case-ufficio in abitazioni per uso domestico, con atti amministrativi meramente propagandistici che resteranno sulla carta. Solo fumo e niente arrosto, insomma. Il primo contentino propagandistico fu concesso dal consiglio comunale del 7 febbraio scorso. L’assise votò a favore per dare “l’indirizzo al responsabile del servizio urbanistico affinché, in materia di mutamento della destinazione urbanistica con riferimento alle zone equipollenti, sia specificato che: possono essere considerate equipollenti alle zone A, B e C quelle unità immobiliari ricadenti in zona D aventi destinazione direzionali (uffici), a condizione che le stesse siano situate in aree del territorio già urbanizzate, dotate di servizi primari e secondari, confinanti con zone già edificate e caratterizzate da connotazioni residenziali”.
“Il mutamento della destinazione urbanistica – si legge inoltre nella delibera – si applica esclusivamente agli immobili realizzati ai sensi del PRG approvato nel 2023”. Una fattispecie che riguarda i citati parchi, costruiti più di 15 anni fa in base all’allora Piano regolatore generale. In realtà su quelle zone insistono un centinaio di appartamenti ad uso abitativo. Che il problema ci sia e che vada risolto è solare e pacifico. I proprietari degli immobili hanno pagato fior di quattrini per avere un tetto sotto cui dormire con la propria famiglia. Ma l’iter tecnico seguito dall’amministrazione comunale è soltanto un’ulteriore perdita di tempo perché la delibera consiliare è farlocca. Idem il vademecum. Quindi l’ufficio tecnico, nella persona dell’architetto Giacomo Petrarca, che pure avventurosamente ha sottoscritto tutti gli atti, non potrà mai concedere i cambi di destinazione.

LA BALLA SPAZIALE DEL “SALVA CASA” DI SALVINI
“L’indirizzo” consiliare di Guida e company è tecnicamente inattuabile. Quindi è solo un diversivo, come gli incontri per rassicurare i residenti. Le zone D, ovvero quelle destinate alle attività produttive, non possono diventare equipollenti alle zone A (centro storico), B (aree urbane consolidate) e C (residenziali di nuova espansione). Lo certificano gli stessi Guida e company citando nella delibera la legge n. 105/2024, meglio nota come il “Salva Casa” di Salvini, che esclude espressamente la possibilità di sanare le difformità urbanistiche nelle zone D tramite il cambio di destinazione d’uso. Non solo. Nella delibera di “indirizzo” votata da Guida e dal suo team c’è scritto testualmente che: “Sul territorio comunale sono presenti zone realizzate in base alle previsioni del PRG (Piano Regolatore Generale) e realizzabili secondo le previsioni del PUC (Piano Urbanistico Comunale) con destinazione commerciali direzionali/uffici”. Ma se nel Puc, approvato nel 2021, non è stata prevista la riclassificazione dell’area di quegli immobili, come sottoscrivono il sindaco e la maggioranza, è inevitabile che le unità immobiliari attualmente ricadenti in zona D non possano essere “equipollenti” alle zone A, B e C, altrimenti sarebbe come mettere per iscritto che il cambio di destinazione d’uso verrà autorizzato in difformità al Puc. Ne consegue, e lo sanno bene sia Guida che Petrarca, che la difformità urbanistica di immobili presenti in zona D in mezzo ad altri immobili realizzati, ad esempio, in zona C può essere superata solamente con una riclassificazione dei suoli. Quindi attraverso una variante al Puc.

IL PUC DEL 2021 A MISURA DELLE LOBBY DEL CEMENTO
Il vademecum per richiedere i cambi di destinazione è il secondo atto di una commedia dell’arte. Se un suolo ricade in zona D e in base allo strumento urbanistico vigente su quel suolo non possono insistere immobili per uso abitativo, ma soltanto immobili con destinazione “commerciale-direzionale-uffici”, così come evidenziato nella delibera-illusoria approvata dal consiglio comunale. Non ha alcuna rilevanza neppure il fatto che si tratti di immobili realizzati 15 anni fa. Anzi è un’aggravante per Guida e la maggioranza. Perché nella fase di redazione del Puc, varato nel 2021, lo stesso Guida e la stessa maggioranza non hanno dato “l’indirizzo” di classificare quelle zone D in zone C? Perché il problema viene affrontato, in modo ingannevole, solo oggi a pochi mesi dal voto? Per un motivo semplice. Perché gli immobili del Parco Serena, del Parco Pelliccia e di uno dei Parchi nei pressi del ponte di Sant’Antimo-Cesa avrebbero inciso fortemente sulla cubatura complessiva del territorio. Quindi? Quindi il Puc del 2021 non avrebbe potuto prevedere 400 nuovi alloggi ma molti di meno. E le lobby del cemento che avevano già messo le grinfie sulle aree di nuova espansione sarebbero state penalizzate con un duro colpo ai progetti affaristici. Un altro inciso che conferma la grande burla degli amministratori locali: il Puc del 2021 era conforme al Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) dell’epoca, ma qualora gli immobili in zona D ottenessero il cambio di destinazione d’uso, non solo i permessi contrasterebbero con il Puc di Cesa, ma lo stesso Puc sarebbe urbanisticamente difforme rispetto al Ptcp della Provincia di Caserta. Anche per questo, se si vuole veramente risolvere il problema, bisogna dire la pura verità: è necessaria una variante al Piano urbanistico comunale. Non esistono scorciatoie.

IMPOSSIBILE CALCOLARE GLI STANDARD URBANISTICI
Che si tratti di un atto di indirizzo consiliare e di un vademecum “contra legem” è lapalissiano. Anche perché non sta né in cielo né in terra asserire che gli standard sono quelli del titolo abilitativo che ha autorizzato la costruzione. Per legge è necessaria la verifica rispetto alla nuova destinazione impressa all’immobile, quindi gli standard vanno riconteggiati e si devono stabilire le modalità per reperirli o per monetizzarli. C’è di più. Per i servizi primari e secondari vanno specificate la qualità e la quantità, cioè va esplicitato in che modo viene verificata l’esistenza e la sussistenza di tali servizi. Anche su questo aspetto il paradosso nel paradosso del vademecum è che richiama il D.M. 144419/68, che suddivide gli standard urbanistici in tre categorie, ma all’atto pratico non lo rispetta.
Ed ecco agevolmente spiegato perché dopo 3 mesi e mezzo di solenni promesse spiattellate dal sindaco Guida “de visu” e tramite Fb il comune non ha ancora concesso nessun permesso. Né mai lo farà. È solo propaganda. Tutto fumo (negli occhi). Niente arrosto. Al momento del voto alle prossime comunali i proprietari degli immobili se lo ricordino. Non si mettano di nuovo in fila per votare i pifferai magici. Non si facciano prendere in giro per l’ennesima volta. Ora sanno come stanno le cose. Errare è umano, perseverare è diabolico. O è il paravento di altri insondabili abissi.
Mario De Michele