Anche stavolta Gennaro Oliviero adotta la strategia della forza. Alla fine della conta delle tessere Pd del 2023 a Sessa Aurunca, la sua città, si tocca quota 700. Una prova muscolare inutile e controproducente. Inutile perché quelli che il presidente del parlamentino campano considera i suoi più acerrimi nemici di partito, il gruppo che fa capo ai consiglieri comunali Carlo Loffredo, Silvio Sasso e Massimo Schiavone, avevano annunciato di partecipare alla campagna adesioni “singolarmente e personalmente assieme a pochissime altre figure storiche e simboliche del mondo democratico senza ulteriore coinvolgimento dei loro simpatizzanti e gruppi di riferimento”. La posizione di Loffredo, Sasso e Schiavone, che qualcuno strumentalmente ha tentato di far passare come una resa incondizionata, aveva invece uno scopo nobile: “Sottrarsi e volersi distinguere – hanno sottolineato i tre consiglieri dem – da azioni improduttive per il partito già ampiamente fonte di cattiva immagine a livello nazionale e locale”. Oliviero non ha colto il significato politico di quella decisione. Lui è fatto così, deve marcare il territorio. E a casa sua deve stravincere. Sempre e comunque. Così ha schierato il suo esercito che come sempre ha obbedito al comandante e a ranghi serrati ha marciato, sotto gli occhi del commissario cittadino Alberto Losacco e quello provinciale Susanna Camusso presenti a Sessa Aurunca, per conquistare 700 tessere dem. Non fa nulla se si tratta di un’altra vittoria di Pirro. Per Oliviero conta solo vincere. E non fa nulla nemmeno se l’esibizione dei muscoli sia controproducente sotto il profilo politico perché accentua il “caso Sessa Aurunca”, già noto alle cronache, e perché è una nuova conferma al disimpegno del timoniere del consiglio regionale della Campania alle ultime elezioni per il Parlamento. La cifra stratosferica della nuova campagna adesioni è la prova provata del fatto inconfutabile e grave che Oliviero non ha dato l’ordine ai suoi soldati di votare per il Pd. Alle scorse politiche i dem a Sessa Aurunca hanno incassato circa 1.200 voti. Neppure il doppio degli attuali iscritti. Se un iscritto porta alle urne altre quattro persone, soltanto i familiari, ed è il minimo, il Pd avrebbe dovuto ottenere circa 3.500 preferenze. Ne mancano all’appello ben 2.300. Come mai? Beh, il motivo è notorio: Oliviero non ha gradito le candidature di Stefano Graziano e di Susanna Camusso. Anche il corollario è stranoto, oltre che confermato dallo stesso Oliviero che in un’intervista a Campania Notizie disse a chiare lettere che “non avrebbe fatto campagna elettorale per il Pd”. Un messaggio inequivocabile al suo esercito: “Non votare Graziano e Camusso”. Il sabotaggio elettorale fallì. Entrambi sono stati eletti. Per ripicca e per la sua logica politica padronale Oliviero, proprio sotto lo sguardo della Camusso, ha invece mobilitato le truppe per un altro tesseramento di massa. Una vera e propria occupazione del circolo di Sessa Aurunca. Un triplice schiaffo. Destinatari la stessa Camusso, il commissario regionale Antonio Misiani e il segretario nazionale Elly Schlein. Un modo per gridare in faccia ai vertici del partito: “Qui comando io”. Nella tanto vituperata prima Repubblica i due più grandi partiti, Dc e Pci, applicavano una regola per impedire il tesseramento gonfiato. Se il numero degli iscritti superava il 10% dei voti rispetto alle precedenti politiche scattava un’ispezione perché era il sintomo di un’anomalia. A Sessa Aurunca supera il 60%. Ovviamente non saranno presi provvedimenti. Il Pd è talmente democratico che ognuno, pure i massimi dirigenti e le più alte cariche istituzionali, può fare quello che vuole. Anche non votare per il partito alle politiche.

Mario De Michele

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