Vaccinati vs non vaccinati, i numeri non mentono: al 21 dicembre il 70 per cento dei ricoverati nei reparti di Terapia intensiva Covid non si è sottoposto alla vaccinazione. E rispetto ai vaccinati finiti in rianimazione, i no vax sono nettamente più giovani. Basta pensare che il paziente no vax con lâetà più bassa finito in terapia intensiva ha 21 anni, mentre tra i vaccinati il più piccolo dâetà ha 37 anni. Non dà spazio ad alcun equivoco la foto scattata dallâultimo report degli ospedali sentinella della Federazione italiana Aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), la cui rilevazione riguarda 21 strutture sanitarie ospedaliere in tutto il paese. «Siamo di fronte a due epidemie: una che corre e riguarda i no vax che finiscono in rianimazione e sviluppano forme gravi della malattia da Covid; una più lenta che coinvolge i vaccinati, per lo più persone di età avanzata e con gravi patologie pregresse, e che non hanno ancora fatto la terza dose», commenta il presidente Fiaso, Giovanni Migliore. «Questo evidenzia ancora di più lâimportanza della vaccinazione nella protezione dalla malattia e in particolare lâanticipazione della terza dose per i fragili».Â
In alcuni ospedali la prevalenza dei no vax in terapia intensiva risulta ancora più evidente. NellâUnità di Rianimazione dellâUmberto I di Roma, ad esempio, ben 9 pazienti in terapia intensiva su 10 non sono vaccinati. E la stragrande maggioranza dei pazienti vaccinati finiti in terapia intensiva non ha fatto la terza dose. Più precisamente, il report della Fiaso riferisce che tra i vaccinati lâ88 per cento ha completato il ciclo vaccinale con 2 dosi da oltre 4 mesi e non ha eseguito la dose «booster». I medici del reparto di Terapia intensiva del Niguarda di Milano riferiscono che i pazienti vaccinati hanno ricevuto nella stragrande maggioranza dei casi la vaccinazione a maggio o la terza dose da meno di una settimana, quando cioè la vaccinazione non ha avuto ancora il tempo di fare effetto. Sono quindi pazienti colpiti in una sorta di finestra di vulnerabilità . Mancata vaccinazione e ritardi nella somministrazione della terza dose potrebbero quindi far schizzare ulteriormente i tassi di ricovero nei reparti di terapia intensiva, mettendo ancora una volta in ginocchio gli ospedali. E la situazione non è destinata a migliorare. Secondo Alessandro Vergallo, presidente dellâAssociazione Anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi), in base allâattuale trend dei contagi e dei ricoveri, «nelle prossime 2-3 settimane ci aspettiamo un aumento del 70% dei posti letto occupati in intensiva da malati Covid, raggiungendo così circa 1700 pazienti». Attualmente, ha sottolineato il presidente, «sono circa 1000 i posti di terapia intensiva occupati da pazienti Covid su circa 9mila posti presenti in Italia, dunque siamo al 10% circa di occupazione, ovvero alla soglia limite». «Non si può pensare di aumentare i posti letto ospedalieri in modo massiccio in vista di un peggioramento dellâepidemia, perché mancano i medici che possano occuparsi delle terapie intensive a causa della cronica carenza di organico», ha concluso Vergallo. Ma la differenza tra pazienti vaccinati e non vaccinati non è solo evidente nei reparti di terapia intensiva. Secondo il report di Fiaso, lâincremento dei non vaccinati nei ricoveri ordinari, rispetto alla rilevazione precedente, è del 16,7 per cento mentre diminuiscono del 2 per cento i vaccinati ricoverati. Tra i non vaccinati raddoppiano anche i bambini, tutti non vaccinati: la percentuale di ricoveri pediatrici sale del 96 per cento e tra i piccoli pazienti la metà ha genitori non vaccinati. Netta la differenza di età fra vaccinati e non: i primi hanno in media 73 anni, i secondi 63 anni ovvero 10 anni in meno. Maggiori anche le comorbidità fra i vaccinati (73 per cento), fra i non vaccinati, invece, il 50 per cento dei ricoverati non soffriva di altre patologie.Â