Scontro aperto tra la presidente del Consiglio e l’associazione delle vittime della Strage più sanguinosa del Dopoguerra. Anche dopo 44 anni il 2 agosto 1980 continua a infiammare la politica e la sua memoria, pur con gli ultimi processi vicini a una conclusione e una verità giudiziaria quasi scritta definitivamente, non trova pace. Dal palco della stazione di Bologna il presidente dell’associazione che riunisce i familiari degli 85 morti e i 200 feriti, Paolo Bolognesi, chiama più volte in causa la presidente del Consiglio e il suo esecutivo: uno dei temi, non l’unico, è il mancato riconoscimento della matrice fascista dell’attentato. Al termine, Giorgia Meloni risponde con un messaggio, dove si dice “profondamente e personalmente colpita dagli attacchi ingiustificati e fuori misura che sono stati rivolti, in questa giornata di commemorazione, alla sottoscritta e al Governo”. “Sostenere che le ‘radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo’, o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2, è molto grave”, dice Meloni citando le parole di Bolognesi. E aggiunge: “Ed è pericoloso, anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione”. “Credo che, in questo clima di crescente odio – prosegue Meloni – le parole e i gesti stiano sfuggendo di mano anche alle persone più avvedute”. Tutto si è acceso al termine di una mattinata iniziata con toni di pacificazione. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rappresentante come lo scorso anno del governo alla commemorazione, ha detto frasi chiare. Ha parlato, nel cortile del Comune, di “una strage neofascista, espressione di un disegno eversivo che mirava a colpire lo Stato nella componente più sensibile, le persone comuni”. “Il governo c’è”, ha aggiunto, rassicurando i familiari delle vittime sull’impegno per i risarcimenti. E in un altro passaggio ha detto anche: “Dobbiamo essere uniti contro ogni forma di odio e intolleranza e ribadire con forza il nostro rifiuto al fascismo e totalitarismo”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo messaggio, si è unito “con profondi sentimenti di solidarietà, quarantaquattro anni dopo l’attentato, ai familiari delle vittime e alla Città di Bologna, teatro di una spietata strategia eversiva neofascista nutrita di complicità annidate in consorterie sovversive che hanno tentato di aggredire la libertà conquistata dagli italiani”. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha sottolineato l’importanza di proseguire nella desecretazione degli atti e ha definito l’esplosione di 44 anni fa “un vile attentato che le sentenze hanno attribuito a una matrice neofascista”. Anche Meloni, nel suo messaggio, ha usato la formula di “un terrorismo, che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste”. Nonostante la presenza e le parole di Piantedosi, nel suo discorso dal palco Bolognesi ha attaccato il governo. Per esempio la nomina, “inopportuna al massimo livello”, di Chiara Colosimo alla commissione antimafia, per la foto con Luigi Ciavardini, uno dei Nar condannati. Colosimo, su X, ha scritto: “Non ho alcuna intenzione di rispondere agli attacchi personali di queste ore, perché non intendo alimentare alcuna polemica. La risposta è anagrafica: sono nata nel 1986”. Poi sono arrivate le frasi citate da Meloni sulle radici dell’attentato e la destra, sulla riforma della giustizia, e sulla “paura della verità”, quindi è scattata la reazione a distanza della premier. Interpellato al telefono per una replica, Bolognesi ha detto: “Meloni la finisca di fare la vittima. Non è una vittima, ma una che prende in giro le vittime”. Concetto simile è stato espresso dalla leader Pd Elly Schlein: “Fare la vittima attaccando il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime nel giorno in cui si commemorano gli 85 morti e i 200 feriti dell’infame strage neofascista alla stazione di Bologna è un’operazione deplorevole”.

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