Al suo processo Danilo Restivo non ci sarà. Detenuto in Inghilterra per l’omicidio di un’altra donna, il prossimo 8 novembre, nell’aula del Tribunale di Salerno dove si deciderà sulla sua condanna o meno per l’omicidio di Elisa Claps, lui, unico imputato, ha rinunciato a partecipare in videoconferenza.

Rischia trent’anni, Restivo, visto che ha scelto il giudizio abbreviato e che gli altri reati a suo carico sono andati ormai prescritti. Ci sono stati casi in cui l’ergastolo è stato concesso, anche con l’abbreviato: ma per i pm di Salerno, in virtù delle prescrizioni, sembra da escludere che ricorrano le condizione per infliggere all’imputato il massimo della pena. Un processo, quello a carico di Restivo, che arriva a 18 anni dalla scomparsa di Elisa e che non sembra affatto segnare la tappa finale. Per nulla. Perché chi ha aiutato Restivo, chi lo ha coperto, chi ha depistato, sul banco degli imputati non ci sarà, almeno non martedì prossimo. Che Restivo sia il colpevole la famiglia Claps lo ripete da sempre, ogni giorno per tutti questi 18 anni. Così come ripetono, da sempre, che parecchi conti non tornano. I Claps, senza se e senza ma, hanno sempre puntato il dito contro le coperture: della Chiesa, ad esempio. Come delle falle nelle indagini: dei magistrati, ad esempio. Non a caso il legale della famiglia, l’avvocato Giuliana Scarpetta, tempo fa ha inviato a Giorgio Napolitano, in quanto presidente del Csm, una richiesta di approfondimento sulla condotta di Felicia Genovese, il magistrato che indagò per prima sulla scomparsa di Elisa. Il suo operato è stato già esaminato dai magistrati salernitani che non le hanno mosso censure, ma, a parere dei Claps, a lei sono da addebitare alcune scelte – come il mancato sequestro degli abiti insanguinati di Restivo, il giorno stesso della scomparsa di Elisa – che non hanno consentito di risalire subito all’imputato, ma solo dopo 18 anni. Il processo, in virtù del rito abbreviato, si farà sulle carte già acquisite. Alcune domande, quindi, potrebbero restare senza risposta. L’8 e il 10 novembre, accusa e difesa ripercorreranno ancora una volta le tappe della storia di Elisa, scomparsa nel centro storico di Potenza domenica 12 settembre 1993. Il suo corpo fu ritrovato il 17 marzo 2010, nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza, lì dove, le perizie lo hanno dimostrato, il corpo c’era da tempo, e da tempo era stato già scoperto (questo filone tuttora oggetto di indagine). L’accusa, per Restivo, è pesante: omicidio pluriaggravato: compiuto, cioé, nell’atto di commettere violenza sessuale, per motivi abietti, con crudeltà. Decisive sono risultate le perizie di ben sette consulenti. Accertamenti, studi, soprattutto quelli dei Ris di Parma e di Roma, che hanno consentito di individuare la cosiddetta ‘prova regina’, la presenza di Dna di Restivo sulla maglia di Elisa: in un punto la sua saliva frammista al sangue della vittima, in un altro solo il suo sangue. Dna che non fu trovato nella prima perizia del medico legale Vincenzo Pascali, al centro di non poche polemiche, e in seguito alla quale la Procura di Salerno chiese un incidente probatorio bis. Martedì prossimo, in Camera di Consiglio, come sempre sarà presenta Filomena, la mamma di Elisa. E’ un giorno importante, il processo, senza dubbio, dice la famiglia Claps. Ma il legale avverte: “Non ci fermeremo”. “La famiglia Claps ha sempre sostenuto che il colpevole era Restivo – dice l’avvocato Giuliana Scarpetta – Fa rabbia il fatto di aver dovuto aspettare 18 anni per arrivare a questa conclusione. Sia chiaro che non ci fermeremo e continueremo ad andare avanti per individuare tutti gli altri responsabili, chi lo ha aiutato Danilo, lo ha coperto, i suoi sodali. Non ci fermeremo fino a quando non li vedremo sul banco degli imputati”.

 

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