“Quando si cercava il sangue di Schettino che, pero’, era stato arrestato e non era a portata di mano, ci sono finito di mezzo io. Senza riuscire a raccontare tutta la verita’ su quella notte. Mi sono sentito lapidato”. Lo dice, in un’intervista al ‘Mattino’, il tenente di vascello Gianluca Marino Cosentino, medico di bordo della Costa Concordia, naufragata il 13 gennaio scorso all’isola del Giglio.

Sul ritardo di quasi un’ora e mezza per l’ordine di abbandonare la nave ricorda: “Tutti cercavano il comandante. Da medico mi e’ sembrato scosso e non piu’ lucido. Il coordinamento dei soccorsi da parte sua non c’era. Personalmente mi ha molto sorpreso vedere Schettino in borghese sul molo dopo mezzanotte”. “Io ero a terra alle 23.20 – prosegue – Ma non ci sono rimasto. Dopo aver portato a terra le persone della scialuppa 19, a me assegnata dal ruolo di appello (i posti e i ruoli assegnati dal comandante ai membri dell’equipaggio in caso di abbandono), sono salito su un’altra scialuppa e sono tornato indietro. Per tornare a prestare soccorso dove occorreva. Si’, con un altro ufficiale, Flavio Spadavecchia, abbiamo accostato a dritta. Il mare brulicava di soccorritori e persone in fuga. Si trattava di capire che fare nel panico e nella confusione”. “Una coppia si e’ gettata in mare – prosegue – L’abbiamo ripescata, portata a terra, consegnata all’ambulanza. Durante i soccorsi a terra ero chiaramente identificabile per via della divisa. Cosi’ venivo continuamente fermato da qualcuno che sperava di aver trovato il comandante o un ufficiale di coperta. Prima il comandante dei vigili, poi quello dei carabinieri, infine il sindaco. Tutti cercavano il comandante. Io mi sono messo a disposizione come medico”.

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